Volete passare ore a produrre graffette per finta, su internet?

"Paperclips" è un gioco testuale apparentemente banale – almeno all'inizio, poi è intricatissimo – e dal quale è difficile staccarsi

Qualcuno venga a salvare la vita di questo redattore del Post.
Qualcuno venga a salvare la vita di questo redattore del Post.

Da un paio di giorni molti impallinati di cose di internet e tecnologia stanno giocando a un gioco online dalla trama e dal funzionamento apparentemente semplice, ma che crea una forte dipendenza, per molti che ci provano. Il gioco si chiama Paperclips, ci si gioca da browser, è interamente testuale e in inglese, e lo scopo è produrre più graffette possibili. Solo che dopo un po’ diventa tutta un’altra cosa.

Il gioco è stato creato dal direttore del Game Center della New York University, Frank Lantz, e si basa su una teoria piuttosto nota nel settore delle intelligenze artificiali, formulata dal filosofo Nick Bostrom. Dice: se un giorno creassimo un’intelligenza artificiale che ha il solo scopo di produrre quante più graffette possibile, cosa succederebbe? L’intelligenza artificiale potrebbe decidere che gli umani sono un ostacolo alla produzione di graffette, perché potrebbero spegnerla: e quindi potrebbe sterminare l’umanità, che peraltro essendo composta da atomi rappresenta una buona scorta di materia prima per produrre graffette.

Lantz ha applicato questo concetto a un gioco per browser, che consiste sostanzialmente in una serie di riquadri con dei numeri che scorrono, e qualche tasto da schiacciare. Si inizia fissando un prezzo per le graffette che vogliamo produrre, e cliccando manualmente su un tasto per farle, una per una. Man mano che le graffette vengono vendute e prodotte, si mettono da parte dei soldi, e quei soldi possono essere spesi per automatizzare i processi: non servirà più cliccare per produrre una singola graffetta, né per comprare le materie prime. Poi però intervengono altri problemi: rifornirsi delle materie prime, comprare macchinari che producono graffette sempre più efficienti e potenti, decidere strategie di marketing, acquistare i concorrenti. Salendo di livello, il gioco prende pieghe inaspettate: viene introdotta la computazione quantistica, bisogna esplorare l’Universo in cerca di materie prime per produrre graffette, e combattere gli alieni per difendere le proprie graffette. Il tutto sempre in formato testuale.

Tra i primi a parlare di Paperclips c’è stato James Vincent di The Verge, che ha consigliato di giocare almeno finché non si sbloccano gli “ipnodroni”, cioè marchingegni che si usano per ipnotizzare la gente per accrescere la domanda. «Pensavi di fare graffette? Oh, amico, non hai ancora visto niente». Se all’inizio si deve spesso cliccare ripetitivamente lo stesso tasto, presto il gioco diventa più di strategia, e cambia a seconda delle scelte che si fanno. Per il resto buona parte del gioco consiste nel lasciar scorrere i numeri sullo schermo, e lo si può anche fare lasciando aperta una scheda del browser mentre si fa altro. Su Motherboard, Emanuel Maiberg ha scritto che ha iniziato a giocare a Paperclips cliccando sul link di Twitter dall’app per telefono, e che quindi da allora non ha più chiuso il browser dell’app, per paura di perdere i progressi. E quindi non ha più guardato Twitter. Se ci si gioca dal browser normale, si può chiudere il tab senza perdere i progressi. La cosa su cui tutti concordano, comunque, è la dipendenza che crea Paperclips: «non cominciate a giocare se avete qualcosa da fare oggi. O domani», ha scritto Vincent.