• Mondo
  • Lunedì 14 agosto 2017

Breve storia della “alt-right”

L'estrema destra americana esiste soprattutto su internet e nelle piazze, ma non si capisce se Charlottesville sia stato l'inizio o la fine di qualcosa

(AP Photo/Jay Reeves)
(AP Photo/Jay Reeves)

Venerdì scorso, poco dopo il tramonto, centinaia di persone appartenenti alla cosiddetta “alt-right”, la nuova estrema destra statunitense, hanno sfilato lungo le strade di Charlottesville, in Virginia, stringendo in mano torce del tipo che si usano nei giardini per tener lontane le zanzare. Protestavano contro la decisione di rimuovere una statua dedicata a Robert E. Lee, il generale che guidò l’esercito del Sud schiavista durante la Guerra civile americana. Molti di loro hanno fatto il saluto nazista e cantato slogan contro neri, stranieri ed ebrei. In molti hanno ironizzato sulla manifestazione e su quelli che emulavano le sfilate naziste di Norimberga stringendo torce anti-zanzare, ma il giorno dopo nessuno aveva più voglia di scherzare.

La mattina di sabato un uomo di vent’anni che aveva partecipato alla manifestazione dell’estrema destra è salito a bordo della sua auto e si è lanciato contro un corteo anti-razzista. Una donna è morta e altri 19 sono rimasti feriti. L’attacco e le difficoltà che il presidente degli Stati Uniti Donald Trump ha mostrato nel criticarlo – al contrario del suo vice e di sua figlia, Trump non ha ancora espresso nessuna condanna contro il suprematismo bianco e il neonazismo dell’alt-right – hanno riportato l’attenzione della stampa sul fenomeno della destra radicale americana, sulle sue origini e sulla sua forza in questo periodo storico.

In realtà nessuno ha chiaro cosa sia davvero oggi l’estrema destra americana: è un movimento fluido, fatto di decine di sigle diverse, senza un leader e senza un vero programma politico. Nel marzo 2016 un articolo del New Yorker definì l’alt-right «un movimento eterogeneo di estrema destra che esiste soprattutto su internet». A differenza dell’estrema destra europea, quella americana non ha un partito, una sigla, un simbolo e degli iscritti: negli Stati Uniti non esistono la Lega Nord, Alba Dorata o il Front National. Al posto di questi partiti – che in Europa competono alle elezioni nazionali e locali, a volte ottenendo discreti risultati – negli Stati Uniti ci sono decine di sigle diverse. Dai gruppi neonazisti alle milizie anti-immigrati, dai paramilitari anti-governo agli anarco-libertari, nazionalisti cospirazionisti e razzisti nostalgici del Sud ai tempi della Guerra civile; alcuni di questi sono nuovi, altri – moltissimi – non lo sono per niente.

Per quanto diverse organizzazioni non governative abbiano registrato una crescita di visibilità e presenza sul territorio di queste forze, la loro reale capacità di mobilitare consenso non è ancora chiara. Attivisti ed esponenti noti dell’alt-right, come l’opinionista e troll Milo Yiannopoulos, sostengono che l’alt-right rispecchia gli ideali di una grossa fetta degli americani, addirittura una maggioranza tra i conservatori. Le organizzazioni che rappresentano l’alt-right, però, di solito hanno poche centinaia di affiliati e le loro manifestazioni raramente attraggono grandi folle. Ogni volta che la più antica tra di loro, il Ku Klux Klan, prova a manifestare per strada, si trova quasi sempre soverchiata dal numero dei contro-manifestanti.

Gli esponenti dell’alt-right sostengono quasi tutti Donald Trump e dicono che il loro appoggio è stato determinante per la sua elezione. Non è chiaro, però, quanto Trump sia un convinto aderente delle dottrine dell’alt-right o quanto il suo sia semplice opportunismo politico, anche se è evidente che le idee nazionaliste, protezioniste e anti-immigrazione dell’estrema destra statunitense non hanno mai avuto un rappresentante più potente di oggi. Di fatto, comunque, l’alt-right è un movimento senza un leader, senza un’ideologia comune e senza un programma. I numerosi movimenti che la compongono sono spesso in lotta tra loro. Il Southern Poverty Law Center, il principale centro che studia l’estremismo politico americano, ha scritto che nelle settimane che hanno preceduto la manifestazione di Charlottesville, ribattezzata “Riunire la destra”, i vari leader dell’alt-right si sono scambiati accuse e colpi bassi, con il risultato che in molti hanno preferito non partecipare.

Per quanto divisi su quasi tutto, i leader dell’alt-right hanno qualcosa in comune. Tutti gli analisti del fenomeno sono concordi nel dire che esiste una linea che di fatto li unisce tutti: il rifiuto del multiculturalismo e l’ostilità nei confronti di tutto quello che è considerato “politicamente corretto”, definizione che estendono a qualsiasi cosa – politica, decisioni, modi di dire – tenga conto che negli Stati Uniti non esistono solo i bianchi, e che i non bianchi vadano trattati esattamente come i bianchi. Come molti hanno notato, non è un terreno molto vasto su cui formare la base di un’unità politica: infatti finora l’alt-right non è riuscita ed esprimere nessuna sorta di azione politica coerente, anche se ci prova da parecchio.

Anche se di alt-right si parla soprattutto dalla scorsa estate, infatti, alcuni dei movimenti che la compongono esistono fin dalla fine della Guerra civile, come il Ku Klux Klan. Arciconservatori e anarco-libertari esistono da sempre nella politica statunitense, mentre milizie e altri gruppi anti-governativi hanno conosciuto un periodo di grande fortuna negli anni Novanta. Anche il termine “destra alternativa” è molto meno recente di quanto molti pensino: fu inventato nel 2008 dal professor Paul Gottfried, uno studioso molto conservatore che lo utilizzò per definire la nuova estrema destra americana che stava conoscendo un periodo di rinascita dopo l’elezione a presidente di Barack Obama. Due anni dopo Richard Spencer, un suprematista bianco con tendenze neonaziste, coniò il termine abbreviato “alt-right” e lo promosse come escamotage tattico: un nome nuovo senza connotati negativi per sostituire quelli utilizzati in precedenza e oramai carichi di significati.

Difficilmente, però, la nuova notorietà dell’alt-right è dovuta a persone come Spencer o al vecchio Ku Klux Klan. Come notava il New Yorker, il terreno dove è più facile percepire la presenza dell’alt-right è internet. Una delle attività in cui i suoi sostenitori sono più prolifici, infatti, è la produzione di meme su siti come 4chan e 8chan, poi diffusi su Reddit e Twitter, accompagnata al cosiddetto “trolling”: sabotare le discussioni online, organizzare campagne di minacce e insulti, diffondere notizie false. Il luogo dove è più probabile incontrare un sostenitore della alt-right è in una discussione nei commenti a un articolo oppure sui social network, dove in genere recita il ruolo del provocatore. Un’indagine giornalistica di BBC, senza nessuna pretesa di affidabilità statistica, ha mostrato che molti degli utenti che frequentano forum e discussioni sulla alt-right sono uomini di 20 o 30 anni, spesso poco realizzati, con problemi sullo studio o al lavoro, che utilizzano un linguaggio violento o provocatorio con lo scopo di dissacrare tutto ciò che la parte preponderante della società ritiene intoccabile: dalla parità tra i sessi all’Olocausto.

Tra le cause sociologiche che sono state spesso indicate per l’ascesa dell’alt-right c’è la reazione dei maschi bianchi conservatori alla vista della sparizione del mondo nel quale sono cresciuti, fatto di superiorità sia etnica nei confronti delle minoranze, che sessuale sulle donne. L’ascesa di Obama avrebbe accelerato questo processo. Il ritratto che fa BBC fa pensare che ci sia anche una componente di ribellione giovanile che, a differenza di precedenti momenti di rivolta generazionale, trova il suo sfogo nella politica di destra più che in quella di sinistra (un fenomeno a cui in Italia e in diversi paesi europei siamo più abituati rispetto agli Stati Uniti).

In mancanza di un riscontro politico e senza sapere quanto del consenso di Trump si deve a questo eterogeneo movimento, possiamo giudicare l’alt-right soprattutto per la sua capacità di produrre meme su internet e scatenare lunghi e infiammati dibattiti su questioni su cui, per la maggior parte delle persone, non ci sarebbe molto di cui dibattere. Alcune delle figure principali di questo movimento, come lo stesso Yiannopoulos, sembrano l’incarnazione di questa apparente incapacità di ottenere risultati. Yiannopoulos, un cittadino britannico di origine greca, dichiaratamente gay, rappresenta per molti versi esattamente l’opposto dei valori dell’alt-right, dal cosmopolitismo all’orientamento sessuale. Come quella del movimento in generale, la sua posizione politica e la sua agenda non sono sempre chiare e in più di un’occasione è sembrato abbracciare cause e argomenti più per il gusto di suscitare scandalo che per ragioni politiche. Ad esempio, la sua carriera ha subito una brusca frenata lo scorso marzo quando un sito conservatore ha pubblicato una vecchia registrazione in cui Yiannopoulos diceva che il sesso tra 13enni e uomini adulti può essere consensuale e positivo per il ragazzo, attirandosi le accuse degli stessi membri dell’alt-right e perdendo così il suo lavoro a Breitbart News, uno dei principali siti dell’alt-right.

Molti però sono realmente preoccupati e si chiedono se le provocazioni su internet di ragazzi che hanno difficoltà a laurearsi non siano la spia di un movimento sotterraneo più grande e pronto a diventare una forza politica vera. Dopotutto, come ha scritto il giornalista Vann Newkirk su The Atlantic, il Ku Klux Klan aveva solo poche decine di membri nel 1915, ma appena dieci anni dopo portò in piazza 50 mila persone per le strade di Washington. L’attentato di Charlottesville sembra dare una nuova sostanza ai loro timori. Come era scritto in un editoriale del Los Angeles Times: «Possiamo solo sperare che Charlottesville sia il culmine della loro ascesa e non, come alcuni sperano, la prima scintilla di un grande incendio».