Quello degli One Direction di cui non si ricorda nessuno

Anche Louis Tomlinson sta provando la carriera da solista, nonostante abbia meno seguito degli altri e ne sia molto consapevole

(Victoria Haydn / Manchester City FC via AP Images)
(Victoria Haydn / Manchester City FC via AP Images)

Louis Tomlinson non ha la voce di Zayn Malik né il carisma di Harry Styles, non era simpatico e piacione come Niall Horan e non era nemmeno quello che faceva ballare tutti ai concerti, come Liam Payne. Negli One Direction, la boy band britannica di grande successo diventata famosa nel 2010 grazie a X-Factor e scioltasi – temporaneamente, pare – nel 2016, Louis Tomlinson era quello meno famoso e di talento: il quinto, che stava sempre dietro sul palco, che cantava meno da solista e che si preoccupava di rileggere i documenti che firmavano. Il più «dimenticabile» della band, come ha lucidamente detto lui stesso a Tom Lamont dell’Observer, che lo ha intervistato per capire come abbia vissuto lo scioglimento del gruppo e cosa lo abbia spinto, nonostante tutto, a rimettersi a lavorare a un nuovo disco.

Oggi Tomlinson ha 25 anni, un figlio nato da una breve relazione e un paio di lavori che aveva iniziato ai tempi degli One Direction: fa il manager di una band di ragazze, ancora senza nome, e gestisce la sua casa discografica, la Triple String. Occuparsi delle cose burocratiche – ha raccontato a Lamont – era un po’ il suo lavoro anche negli One Direction: gestiva gli aspetti logistici del gruppo e quando c’era da dare una brutta notizia a qualcuno o litigare con i discografici, gli altri mandavano avanti lui. Negli One Direction era stato l’ultimo dall’inizio, fin dai tempi di X-Factor: durante il programma non ebbe mai l’occasione di cantare come solista nelle esibizioni della band, formata mettendo insieme cinque aspiranti solisti dai giudici Nicole Scherzinger e Simon Cowell. Tomlinson si sentiva quello inutile, dovendo stare sempre in fondo, a cantare la linea vocale più bassa, «quella che nel mix non si sente davvero», e nei mesi di X-Factor era conosciuto soprattutto come «quello con le espadrillas (le scarpe di tela e corda, ndr) che sta dietro agli altri».

One DirectionGli One Direction, il 16 aprile 2012 a Melbourne, Australia: il primo da sinistra è Louis Tomlinson, di fianco a lui Niall Horan, poi Harry Styles, Liam Payne e Zayn Malik (Scott Barbour/Getty Images)

Le cose sono migliorate lentamente negli anni: concerto dopo concerto Tomlinson diventava più bravo a cantare e più bravo a stare sul palco. A quel punto però, quando cominciava a sentirsi a suo agio con quello che faceva, gli One Direction si misero a parlare dell’ipotesi di prendersi una pausa. «Non ero mai stato così sicuro di me stesso come nell’ultimo anno con gli One Direction. E poi è successa una cosa tipo: “Ok, ora basta”».

Tomlinson fu quello che si oppose di più allo scioglimento: Zayn Malik, che aveva la voce migliore, da tempo aveva lasciato il gruppo per iniziare la carriera da solista e per ora gli sta andando tutto molto bene; Harry Styles, probabilmente il più famoso degli One Direction, poteva fare qualsiasi cosa e lo ha fatto: si è messo a recitare – con discreto successo – e poi ha fatto il suo disco da solista, che è stato accolto molto bene; agli altri due del gruppo, Niall e Liam, sono comunque state offerte delle occasioni di rimettersi a lavorare piuttosto presto, ha fatto notare Lamont. Tutti e due hanno già pubblicato i primi singoli dei loro prossimi dischi, mentre Louis Tomlinson, per il momento, ha fatto solo il singolo “Just Hold on!”, nato un po’ per caso da una collaborazione con il dj Steve Aoki e uscito lo scorso dicembre.

Tomlinson ha raccontato che dopo che fu presa la decisione di sciogliere gli One Direction, lui pensò che avrebbe scritto musica per altre persone, gestito la propria casa discografica e aspettato «due o cinque anni, il tempo che ci sarebbe voluto» perché il gruppo si riunisse. All’inizio non pensava di mettersi a fare il cantante solista: poi, invece, ha deciso di provarci.

Paragonando la fine di una boy band all’inizio di un film distopico «in cui i membri del gruppo vengono sparpagliati in un posto sconosciuto e sfidati a trovare le loro vie solitarie per tornare al successo», Lamont si è chiesto nel suo articolo «perché i membri poco famosi delle boy band decidano di farsi questo, di riprovarci». Tomlinson aveva comunque accumulato una discreta fortuna con il successo degli One Direction, gli piacevano le cose di management, perché non rilassarsi e limitarsi a fare quello? Tomlinson ha provato a rispondere, elencando quattro ragioni, che mischiano una specie di senso del dovere nei confronti di se stesso e degli altri.

La prima è che tutto è cominciato un po’ per caso, un po’ – come la sua carriera negli One Direction: con un colpo di fortuna, dopo due audizioni andate male. Durante una vacanza a Las Vegas lo scorso anno gli è capitato di sentire Steve Aoki in una discoteca: il dj set gli è piaciuto molto, ha chiesto ad Aoki di fare una cosa insieme e in pochi mesi il singolo era stato pubblicato e lui era di nuovo in televisione ad esibirsi. La seconda ragione è che per via delle sue origini – Tomlinson è di Doncaster, nel nord dell’Inghilterra, vicino a Sheffield, e proviene da una famiglia della classe operaia – ha l’impressione di non essersi veramente meritato il denaro e la fama ottenuti con gli One Direction («Quando sei sul palco ogni settimana pensi: cosa ho fatto davvero io per contribuire a tutto questo?»). Gli sembra di dover lavorare duro per meritarseli, ora. «Lo so, lo so, che suona irriconoscente. Ma penso a qualcuno che lavora ogni giorno, spaccandosi il culo per sei mesi così che possa tornare a casa dai suoi e dirgli: “Ragazzi, vi porto a Disneyland”. Quel momento… non lo avrò mai nella mia vita. Ho lavorato duramente. Ma non ho mai lavorato duramente. Non in quel modo».

La terza ragione per cui Tomlinson ha deciso di tentare la carriera da solista è che tra le fan degli One Direction, le cosiddette directioner, c’erano molte sue fan (cosa che in un’occasione gli ha anche causato qualche guaio). Tomlinson vuole dimostrare anche a loro che è valsa la pena seguirlo in questi anni; vorrebbe anche dimostrare di essere una persona con un carattere proprio, e non solo un membro minore e senza personalità di una boy band. La quarta ragione, infine, c’entra con sua madre, Johannah Deakin, morta di leucemia alla fine del 2016. Tomlinson aveva un rapporto molto stretto con la madre, che lo ha sempre incoraggiato, e in un certo senso la sua morte gli ha dato una spinta per provare a dimostrare a sé stesso di potercela fare anche senza gli One Direction.

Nelle prossime settimane dovrebbe uscire il primo singolo del nuovo disco di Tomlinson, “Back to You”, realizzato con la cantautrice Bebe Rexha e il dj Digital Farm Animals. Con un po’ di amarezza, Tomlinson ha raccontato che ora che non è più con gli One Direction i produttori e i compositori più bravi non rispondono così facilmente al telefono («Harry non ha di questi problemi»), e ha aggiunto che non è mai stato così nervoso per un disco come questa volta. Lamont ha ascoltato tutto il disco in anteprima e ha detto che è «modesto, canzoni pop piacevoli che a modo loro sembrano riconoscere il suo status di sfavorito».