• Mondo
  • Domenica 12 luglio 2015

L’evasione di Joaquin “El Chapo” Guzman

Uno dei più importanti trafficanti di droga messicani è riuscito a scappare da un carcere di massima sicurezza attraverso un tunnel lungo circa un chilometro e mezzo

Joaquin Guzman Loera, detto "el Chapo", nel febbraio 2014 a Città del Messico.
(RONALDO SCHEMIDT/AFP/Getty Images)
Joaquin Guzman Loera, detto "el Chapo", nel febbraio 2014 a Città del Messico. (RONALDO SCHEMIDT/AFP/Getty Images)

La Comisión Nacional de Seguridad del Messico, l’organo del governo messicano che si occupa di sicurezza, ha detto che il potente narcotrafficante Joaquín Guzmán – più noto con il soprannome “El Chapo” – è evaso da una prigione di massima sicurezza in Messico attraverso un tunnel sotterraneo lungo circa un chilometro e mezzo che dalla cella di Guzmán conduceva all’esterno. La commissione ha aggiunto che Guzmán è stato visto l’ultima volta nelle docce della prigione Altiplano, che si trova a circa 90 chilometri a est di Città del Messico. Le autorità messicane hanno già avviato le operazioni di ricerca di Guzmán nell’area circostante alla prigione e hanno sospeso i voli dell’aeroporto di Toluca, vicino alla prigione di Altiplano. Guzmán era già fuggito da una prigione messicana nel 2001, quando si era fatto trasportare fuori in un cesto di biancheria sporca dopo aver corrotto alcune guardie. Era stato arrestato nel 1993 in Guatemala.

Guzmán, che dovrebbe avere intorno ai 56 anni, è uno dei più famosi narcotrafficanti messicani ed era stato arrestato di nuovo nel febbraio del 2014. Il suo soprannome, “El Chapo”, significa “il piccolo” e deriva dalla sua altezza, un metro e 67 centimetri. Nel 2012, Patrick R. Keefe gli dedicò un lungo articolo sul New York Times in cui ricostruiva le sue attività e come avesse fatto a diventare uno dei narcotrafficanti più potenti del mondo, senza farsi catturare per molti anni.

È una figura quasi mitica in Messico, il protagonista di infinite canzoni popolari, che è sopravvissuto a nemici e complici, negando il patto implicito di una vita nel traffico della droga: che le carriere siano scintillanti ma brevi e che finiscano sempre in prigione o nella tomba.

Nel corso degli anni è riuscito spesso a sfuggire alla cattura grazia alla sua capacità di corrompere giudici, funzionari locali e agenti di polizia. I suoi rifugi, sparsi nello stato messicano di Sinaloa, erano spesso collegati gli uni con gli altri da una rete di tunnel e protetti da porte d’acciaio in grado di rallentare gli agenti. Guzmán è considerato il narcotrafficante più ricco del Messico e dal 2009 è inserito ogni anno nella lista della cento persone più potenti del mondo di Forbes. Secondo alcune stime, il suo patrimonio si aggira intorno a un miliardo di dollari (circa 900 milioni di euro). Il cartello di Sinaloa è ritenuto il responsabile del 25 per cento di tutte le importazioni di marijuana, cocaina e metanfetamine che arrivano negli Stati Uniti.

Il dipartimento di Stato americano aveva offerto 5 milioni di dollari (3,6 milioni di euro) per informazioni che portassero alla cattura di Guzmán. Nel 2013, un anno prima del suo ultimo arresto, la commissione anticrimine di Chicago, una dalle città degli Stati Uniti dove arriva gran parte del traffico di droga messicano, aveva dichiarato Guzmán “nemico pubblico numero uno”, il “titolo” che era stato inventato 80 anni fa per il mafioso italo-americano Al Capone.