Dove va Amazon

Chiuderà l'anno con 75 miliardi di ricavi, ma da tempo non realizza utili e sarà difficile possa farne in tempi brevi: ed è voluto, secondo alcuni

La Thunderbird Cookie Dropping Machine è una macchina per fare i biscotti. Metti l’impasto in un contenitore e il trabiccolo provvede a farlo cadere a intervalli regolari su una teglia, mossa da un nastro trasportatore. Prepara 150 biscotti al minuto e costa 59.400 dollari, ma Amazon la vende a poco più di 32mila, con la possibilità di farsi spedire a casa gratuitamente tutto il macchinario, che da solo pesa più di 571 chilogrammi. Anche Commercial Food Services Equipment vende la stessa macchina su Amazon, più o meno allo stesso prezzo, ma chiede oltre 2.500 dollari per i costi di spedizione. In entrambi i casi, qualunque sia la scelta di chi compra, Amazon riuscirà a fare qualche soldo sulla vendita di una Thunderbird Cookie Dropping Machine.

Hyo Lee, la proprietaria di Commercial Food, spiega perché: «Amazon venderà più macchinari per i biscotti di quanto farò io, ma anche se compri da me invece che direttamente da Amazon, la società otterrà comunque una commissione sulla vendita e la consegna. Adesso sapete perché le vendite di Amazon sono passate da 34 miliardi di dollari nel 2010 a 61 miliardi nel 2012».

Hyo ha ragione. Ci sono principalmente due possibili modi di comprare qualcosa su Amazon, dalle graffette per tenere insieme i fogli di carta fino ai macchinari per mettere 150 biscotti al minuto su una teglia. Il primo è acquistare direttamente i prodotti che Amazon compra e rivende, di solito a prezzi vantaggiosi, sul suo sito; il secondo è comprare da uno dei suoi migliaia di affiliati, cioè i venditori che mettono la loro merce a disposizione sul sito, sfruttandone la popolarità e la facilità del suo motore di ricerca interno, in cambio di una commissione da pagare per le singole vendite. In entrambi i casi Amazon ha un ricavo sulla vendita di un prodotto.

Nonostante questo sistema, e numerosi altri accorgimenti, Amazon non chiude da tempo i bilanci in attivo, come spiega un’analisi del New York Times. Il 2012 è finito in perdita e si prevede che lo sarà anche il trimestre che si è concluso da poco, e i cui dati saranno annunciati giovedì 23 ottobre. In compenso si stima che Amazon realizzerà ricavi enormi per 75 miliardi di dollari, e per ora questo basta agli azionisti. Il suo titolo in borsa continua ad andare molto bene e da metà 2010 a oggi ha aumentato il proprio valore di circa il 150 per cento. E il 2010 fu l’ultimo anno in cui la società ebbe un utile consistente.

Secondo l’analista finanziario Benedict Evans, gli investitori hanno capito che il progetto del CEO della società, Jeff Bezos, è rivolto verso il lungo periodo: «Bezos ha scelto di gestire Amazon in modo da farla diventare il più grande e potente rivenditore di successo della Terra entro i prossimi 20 anni. Qualsiasi sprovveduto potrebbe gestirla in modo da farle fare utili oggi». Altri analisti ritengono che il modello scelto da Bezos non possa andare avanti a lungo e che ci sia bisogno di ripensare alcuni meccanismi per sfruttare meglio l’enorme mole di ricavi.

Tornare in tempi brevi a fare utili non è comunque una cosa da poco. Amazon potrebbe modificare alcune sue politiche riducendo le opzioni per le consegne gratuite, o risparmiare qualcosa sul suo servizio clienti, ritenuto tra i più efficienti online. Ma tutte queste cose fanno parte di un delicatissimo equilibrio che rende Amazon il sito preferito di vendite online per decine di milioni di persone in tutto il mondo. I cambiamenti potrebbero deludere parte dei clienti facendogli valutare alternative che per ora avevano escluso.

Per Horace Dediu, analista di Asymco, “non è credibile” che Amazon cambi le cose per guadagnare di più da ogni singola vendita. La società vende un sacco di cose guadagnandoci pochissimo, perché mette a disposizione i prodotti a prezzi molto bassi per attirare più acquirenti. Se aumentasse i prezzi, perderebbe il vantaggio che ha nei confronti degli altri rivenditori online e il suo modello smetterebbe di funzionare.

In qualche modo, concorda la maggior parte degli analisti, Amazon si dovrà comunque inventare un sistema per rafforzare i propri guadagni. E in effetti negli ultimi mesi ha già iniziato a sperimentare diverse soluzioni, di contorno, che non influiscono direttamente sul suo modello di vendita principale. Ha per esempio modificato il sistema di consegna garantita entro un giorno dall’acquisto. Per usufruire di questa opzione fino a qualche tempo fa si pagava un prezzo fisso di consegna negli Stati Uniti pari a 3,99 dollari. Ora il prezzo di consegna è stabilito in base alle dimensioni e al peso dei prodotti acquistati. Si parte da un prezzo fisso pari a 2,99 dollari, ma si arriva facilmente a oltre 25 dollari per le cose più ingombranti.

Sempre negli Stati Uniti, Amazon ha rivisto di recente un’altra opzione, che per circa dieci anni aveva consentito di ricevere alcuni tipi di prodotti con una spedizione gratuita, se l’importo complessivo dell’ordine superava i 25 dollari. Il limite è stato aumentato e portato a 34 dollari. La modifica non è stata motivata dalla società, ma probabilmente è stata presa con l’obiettivo di rafforzare il servizio “Prime”, che negli Stati Uniti consente di non pagare le spese di spedizione in cambio di un canone annuale di 79 dollari. Lo stesso servizio è disponibile anche in Italia al prezzo di 9,99 euro per il primo anno, con la consegna entro 2 – 3 giorni lavorativi. Più abbonati a “Prime” consentirebbero ad Amazon di aumentare i ricavi su un proprio servizio diretto, cosa che non guasterebbe anche per gli utili.