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  • Giovedì 6 giugno 2013

La Lettonia verso l’euro

Dovrebbe diventare moneta ufficiale nel 2014: il paese è uscito bene dalla crisi dopo una fase di austerità

With Latvian flags, people march in a procession to the Freedom Monument to honor soldiers of Waffen SS unit known as the Latvian Legion, which fought on the side of Nazi Germany during World War II, in the downtown Riga, Latvia, Tuesday, March 16, 2010. Latvians who take part in the annual procession claim they want to commemorate compatriots killed in the war, while ethnic Russian protesters accuse them of whitewashing history and having Nazi sympathies. (AP Photo / Roman Koksarov)
With Latvian flags, people march in a procession to the Freedom Monument to honor soldiers of Waffen SS unit known as the Latvian Legion, which fought on the side of Nazi Germany during World War II, in the downtown Riga, Latvia, Tuesday, March 16, 2010. Latvians who take part in the annual procession claim they want to commemorate compatriots killed in the war, while ethnic Russian protesters accuse them of whitewashing history and having Nazi sympathies. (AP Photo / Roman Koksarov)

Mercoledì 5 giugno il commissario economico europeo Olli Rehn ha dichiarato che la Lettonia adotterà l’euro a partire dall’1 gennaio del 2014. Il Parlamento europeo ratificherà la decisione nel mese di luglio, scrive inoltre il New York Times. «Il desiderio della Lettonia di adottare l’euro è un segnale di fiducia nella nostra moneta comune, oltre a una prova che coloro che avevano pronosticato la fine dell’euro si sbagliavano», ha dichiarato Rehn. La Lettonia sarà il diciottesimo paese europeo ad adottare l’euro come unica moneta accettata nel paese.

La Lettonia è una nazione di 2,2 milioni di abitanti grande all’incirca quanto metà della Grecia: confina con l’Estonia, la Lituania e la Russia. La capitale è Riga e la lingua ufficiale è il lettone, sebbene un terzo degli abitanti conosca anche il russo – fino al 1991 il paese ha infatti fatto parte dell’Unione Sovietica. Dal 2004 è membro dell’Unione Europea.

L’economia lettone è in crescita da tre anni, dopo che il paese ha avuto grosse difficoltà in seguito alla crisi globale del 2008: nel 2012 è cresciuta del 4,5 per cento, e nei primi tre mesi del 2013 il prodotto interno lordo è cresciuto dell’1,2 per cento, a fronte di una diminuzione media in Europa dello 0,2 per cento.

La storia
Nel 1991, dopo il crollo dell’Unione Sovietica, le condizioni economiche e sociali della Lettonia peggiorarono rapidamente: le fabbriche chiusero, i lavori nei cantieri vennero lasciati a metà; anche le esportazioni di legname, una delle maggiori fonti di guadagno per il paese, s’interruppero. La Lettonia fu allora costretta a «rivolgere il proprio sguardo» verso l’Occidente, ha detto l’ex ministro dell’Economia Daniels Pavluts.

Le banche, dietro ordine dello Stato, cominciarono a prestare molti soldi e il mercato immobiliare e l’imprenditoria ne beneficiarono: nel 2004 il paese entrò a far parte dell’Unione Europea, e nonostante l’inflazione vicina al 17 per cento le condizioni di vita della maggior parte delle persone migliorarono notevolmente. «I politici erano certi che quella situazione sarebbe durata in eterno, si cullavano in questa illusione», ha aggiunto Pavluts.

Nel 2008 iniziò la crisi economica, e l’economia lettone subì una contrazione del 20 per cento dopo il fallimento di una delle tre banche più grosse del paese, la Parex. Il governò riuscì a salvarla ma nel farlo rischiò a sua volta la bancarotta, e fu costretto a chiedere un prestito di circa 7 miliardi di euro al Fondo Monetario Internazionale. «Lo Stato aveva semplicemente finito i soldi»,  ha ricordato Pavluts.

La disoccupazione salì rapidamente al 20 per cento, e il governo decise di adottare alcune severe misure di austerità: vennero tagliati moltissimi programmi governativi, organi burocratici e finanziamenti pubblici, un terzo dei dipendenti pubblici venne licenziato e a quelli che mantennero il posto di lavoro venne tagliato lo stipendio del 30 per cento. In generale ci furono pesanti tagli agli stipendi e molte persone furono costrette ad emigrare in Europa o in Russia.

Come va oggi
Oggi le cose vanno un po’ meglio, ma ci sono ancora molti problemi da risolvere. Scrive Bloomberg che la disoccupazione a marzo del 2013 è scesa fino al 12,4 per cento, ma che il 21,9 per cento dei giovani è disoccupato e che molti stanno ancora emigrando. Il Guardian cita un rapporto del Baltic Centre for Economic Policy Studies secondo cui il 30 per cento della popolazione vive attualmente «in condizioni di grave povertà materiale».

«La Lettonia al momento non ha altra possibilità», ha detto un altro ex ministro dell’Economia, Roberts Zile, rispetto all’ingresso nell’eurozona. Qualche commentatore ha però lamentato l’assenza di un referendum consultivo sul tema: come ha dichiarato lo stesso primo ministro Valdis Dombrovskis, alcuni sondaggi hanno mostrato che il gradimento per l’introduzione dell’euro sia attorno al 38 per cento, ed è comprensibile che allo stato attuale una mossa del genere avrebbe probabilmente indebolito l’azione del governo. «Crediamo di poter raggiungere un consenso più alto al momento dell’introduzione della nuova moneta. Il governo deve lavorarci su», ha detto Dombrovskis.

È comprensibile che nazioni molto piccole e con un’economia fragile desiderino adottare l’euro, se non altro per potere utilizzare gli aiuti economici dell’Unione Europea in caso di guai finanziari e per entrare in una rete commerciale già consolidata: secondo il Wall Street Journal anche la Lituania, paese confinante con la Lettonia, aspira a entrare nei paesi che adotteranno l’euro entro il 2015. Questi paesi sono però strettamente legati fra di loro per varie ragioni di natura economica, e negli anni scorsi fu evidente che anche la bancarotta di un paese relativamente piccolo come la Grecia avrebbe potuto danneggiare le economie degli altri Stati europei.

Il New York Times scrive inoltre che alcuni temono che la Lettonia possa fare la fine di Cipro, un paese in cui i depositi bancari di cittadini stranieri (soprattutto russi) costituivano l’800 per cento del PIL dello Stato, e dove senza l’intervento dell’Unione Europea il paese avrebbe seriamente rischiato di fallire. In realtà il Times spiega che mentre i conti bancari di Cipro fungevano da “parcheggio” per i soldi di chi ne usufruiva, in Lettonia il denaro proveniente dall’estero finanzia imprese locali, e quindi è molto più difficile che nel caso di guai finanziari venga spostato altrove nel giro di poco tempo.

La Banca Centrale Europea ha pubblicato mercoledì 5 giugno un rapporto che spiega che l’economia lettone al momento soddisfa i «criteri di convergenza» (detti anche “Parametri di Maastricht“) necessari per entrare nella rete dell’euro: l’inflazione media da maggio del 2012 ad aprile 2013 è stata dell’1,3 per cento, circa la metà della cifra stabilita dalla BCE per potere essere considerati un paese stabile. Ancora, il debito del paese ha un rapporto del 40,7 per cento rispetto al PIL, e anche se la cifra è destinata ad aumentare è una percentuale piuttosto bassa. Infine, i tassi di interesse a lungo termine sui prestiti negli ultimi mesi hanno avuto una media del 3,8 per cento, a fronte di un limite massimo indicato dalla BCE del 5,5 per cento.

Nonostante ciò, la BCE ha comunque precisato che per stabilizzarsi l’economia lettone dovrà rispettare negli anni alcuni criteri precisi e raggiungere alcuni obiettivi:

«La sostenibilità dell’ingresso nell’euro nel lungo termine rappresenta un problema. Entrare in un’unione monetaria implica dare un’importanza maggiore alla solidità e alla flessibilità interna del paese. È inoltre necessario consolidare gli obiettivi raggiunti in questi anni a fronte di una nuova competitività, evitando di alzare i costi del lavoro. Inoltre, sebbene la capacità della Lettonia di reagire alla crisi è stata importante, è necessario innalzare la qualità del governo e delle istituzioni»

foto: AP Photo/Roman Koksarov