La scomparsa di Ettore Majorana

Uno dei più brillanti fisici italiani di sempre sparì esattamente 75 anni fa: ancora oggi circolano molte ipotesi sul suo conto, tra cui un legame col nazismo

Il 26 marzo del 1938, esattamente 75 anni fa, scomparve l’allora 31enne Ettore Majorana, uno dei più importanti fisici italiani. Quella sera Majorana si imbarcò su un piroscafo Palermo-Napoli, e da allora non si ebbero più notizie certe su di lui. Nel corso degli anni della scomparsa di Majorana si interessarono la polizia e investigatori improvvisati, alcuni programmi televisivi e anche scrittori molto famosi, tra cui Leonardo Sciascia. Di ipotesi se ne fecero tante: alcuni parlarono di suicidio, altri appoggiarono la tesi della fuga in Germania o in Argentina, altri ancora dissero di averlo visto in Sicilia vestito da barbone. Di quello che fece Majorana dopo quel 26 marzo 1938, però, ancora oggi si sa molto poco, anche se alcune tesi sembrano più fondate di altre. Di certo si sa solo che Majorana era un fisico catanese, che si occupò soprattutto di fisica nucleare e di meccanica quantistica relativistica, con particolari applicazioni nella teoria dei neutrini.

Chi era Ettore Majorana
Nacque a Catania il 5 agosto 1906, era il penultimo di cinque fratelli e proveniva da una delle migliori famiglie di Catania. Il nonno, Salvatore Majorana-Calatabianco, fu deputato dalla nona alla tredicesima legislatura con la sinistra: fu due volte ministro dell’Agricoltura, Industria e Commercio nel primo e nel terzo governo Depretis (1876/1879) e senatore nel 1879. Tutti i suoi fratelli si distinsero in qualche campo particolare (giurisprudenza, ingegneria, musica), mentre due suoi zii furono rispettivamente uno studioso importante della fisica sperimentale e rettore dell’Università di Catania.

Dopo avere ottenuto la maturità classica a Roma si iscrisse alla Facoltà di Ingegneria. All’inizio del 1928 Majorana decise di passare alla facoltà di Fisica (in cui si laureò con il massimo dei voti): come ricordò anni dopo un suo amico, Edoardo Amaldi, la decisione venne presa dopo un colloquio con Enrico Fermi, uno dei più grandi scienziati di tutti i tempi e premio Nobel per la fisica nel 1938. In un articolo del 1 aprile 2011, Repubblica riportò la testimonianza di Amaldi su quel primo incontro tra Majorana e Fermi rivelando dei dettagli curiosi e sorprendenti:

«Fermi lavorava allora al modello statistico dell’atomo e il discorso con Majorana cadde subito sulle ricerche in corso nell’Istituto. Gli espose rapidamente le linee generali del modello. Majorana ascoltò con interesse, poi se ne andò senza manifestare i suoi pensieri. Il giorno dopo si presentò di nuovo all’Istituto, entrò diretto nello studio di Fermi e gli chiese, senza alcun preambolo, di vedere la tabella che gli era stata posta sotto gli occhi per pochi istanti il giorno prima. Avutala in mano, estrasse dalla tasca un fogliolino su cui era scritta un’analoga tabella da lui calcolata a casa nelle ultime ventiquattro ore. Confrontò le due tabelle e, constatato che erano in pieno accordo tra loro, disse che la tabella di Fermi andava bene”

Majorana dimostrò durante quell’incontro tutta la sua genialità, risolvendo in un giorno solo un problema su cui Fermi stava lavorando da una settimana. Fermi decise allora di farlo entrare nel gruppo dei “ragazzi di via Panisperna”, un laboratorio di fisici giovani e promettenti. Dopo alcuni incarichi accademici e studi all’estero, Majorana rifiutò cattedre alle università di Cambridge, Yale e della Carnegie Foundation, per accettare poi il trasferimento all’Università di Napoli, dove lavorò fino alla sua scomparsa.

La scomparsa
La sera del 26 marzo 1938 Majorana si imbarcò sul piroscafo Palermo-Napoli, della compagnia Tirrenia. Le indagini che seguirono la sua scomparsa confermarono che prima della partenza Majorana era stato a Palermo due giorni: da lì, il 25 marzo, Majorana aveva scritto una lettera all’amico e collega Antonio Carrelli, professore di Fisica sperimentale presso la stessa Facoltà di Fisica. Nella lettera Majorana ribadiva all’amico la sua volontà di suicidarsi, dopo averla annunciata per la prima volta in un’altra lettera, diretta alla famiglia, lasciata nella camera d’albergo dove alloggiava a Napoli.

Il giorno dopo però, prima della partenza per Napoli, Majorana inviò un’altra lettera a Carrelli, accompagnata da un telegramma, nella quale il fisico catanese ritornava sui suoi passi, e sosteneva di averci ripensato e di voler tornare a Napoli. Majorana scrisse: «il mare mi ha rifiutato». Sembrava quindi che l’idea del suicidio fosse stata accantonata. In ogni caso di Majorana non si seppe più nulla.

Cosa si scrisse e cosa si disse della scomparsa di Majorana
Sulla scomparsa di Majorana si disse e si scrisse molto nel corso degli anni. Per molto tempo le ipotesi principali che circolarono di più furono tre: quella “tedesca”, che sosteneva che Majorana fosse andato in Germania per mettere a disposizione le sue conoscenze agli studi sulla fisica nucleare del regime nazista di Adolf Hitler, quella “argentina”, che faceva riferimento a una sua fuga a Buenos Aires, e quella del suicidio.

Anche Leonardo Sciascia si occupò della vicenda: nel 1975 un suo libro – “La scomparsa di Majorana” – rielaborò le testimonianze e le prove allora disponibili in maniera personale, sostenendo che Majorana si era rifugiato nella Certosa di Serra San Bruno, abbazia certosina vicino a Vibo Valentia, per sfuggire da una vita sociale che non sopportava più. Sciascia scrisse: «Secondo gli accertamenti della polizia la sera dello stesso giorno, alle sette, Maiorana si imbarcò sul postale per Napoli; e a Napoli sbarcò l’indomani, alle 5.45. Ma noi abbiamo qualche dubbio: e non nell’ipotesi che sia stato gettato in mare nel viaggio di ritorno, ma nell’ipotesi che non sia salito sul piroscafo la sera del 26, a Palermo».

In una puntata del 15 dicembre 2008 anche il programma “Chi l’ha visto?” si occupò della scomparsa di Majorana, dopo una segnalazione di uno spettatore che sosteneva di avere conosciuto Majorana a Valencia, in Venezuela, nell’aprile del 1955, e di averlo frequentato per diverso tempo senza che lui svelasse la sua identità.

La foto con Eichmann
Una delle ricostruzioni più recenti, e anche una delle poche basate su riscontri concreti, venne fatta nel 2010 da Giorgio Dragoni, ordinario di storia della fisica all’Università di Bologna che dedicò parecchi anni allo studio della vita di Majorana. Dragoni riconobbe Majorana in una foto scattata nel 1950 e pubblicata nel libro “Giustizia, non vendetta” (1999) di Simon Wiesenthal, “cacciatore di nazisti” e sopravvissuto all’Olocausto. La foto ritraeva tre persone su una nave diretta a Buenos Aires: Wiesenthal però ne riconobbe solo una, Adolf Eichmann, uno dei principali responsabili operativi dello sterminio degli ebrei da parte dei nazisti.

(al centro Adolf Eichmann, alla sua destra l’uomo che Dragoni ha riconosciuto come Majorana)

Alla fine della Seconda Guerra Mondiale Eichmann era fuggito dalla Germania per rifugiarsi, insieme ad altri importanti ufficiali nazisti, in Argentina. Wiesenthal fu colui che rintracciò Eichmann in Argentina, permettendo ai servizi segreti israeliani di prelevarlo e poi portarlo a Gerusalemme, dove nel 1961 venne processato e condannato a morte.

Il 17 ottobre 2010 Repubblica riportò la ricostruzione che fece Dragoni per confermare che uno dei due sconosciuti nella foto fosse Majorana, come da lui sospettato. Per comparare le immagini di Majorana prima della scomparsa con quella della fotografia di Wiesenthal, Dragoni si rivolse alla più prestigiosa istituzione italiana in fatto di indagini scientifico-forensi: le distanze tra occhi, naso, bocca e mento sembravano le stesse nei due individui, come l’altezza. Rimaneva solo un dubbio sui padiglioni auricolari, ma la scarsa qualità della foto argentina rendeva questa discrepanza non significativa. Gli investigatori conclusero l’indagine sostenendo: «È altamente probabile che l’uomo alla destra di Adolf Eichmann sia Ettore Majorana».

Sul nazismo
Anche sul presunto legame di Majorana con il nazismo si scrisse molto durante gli anni. Secondo Dragoni, dopo alcuni viaggi di studio in Germania Majorana aveva mostrato di simpatizzare per il nazismo. Inoltre, Dragoni raccontò a Repubblica un episodio che sosterrebbe la tesi di una fuga volontaria di Majorana per collaborare con il regime nazista. Nel 1974 Dragoni intervistò Gilberto Bernardini, allora direttore della Scuola Normale di Pisa, che conosceva e aveva lavorato insieme a Majorana per diverso tempo. Bernardini chiarì a Dragoni il contenuto di una sua lettera indirizzata a Giovanni Gentile jr, fisico teorico e figlio dell’ex ministro del periodo fascista Giovanni Gentile, che faceva riferimento alla scomparsa di Majorana ma che era di difficile interpretazione. Bernardini disse a Dragoni di conoscere la scelta di Majorana: «Ettore si trasferì in Germania per collaborare alle armi del Terzo Reich».

È lo stesso Dragoni però ad ammettere che la foto non dimostra il legame tra Majorana e il nazismo: «non è detto che i due si conoscessero. In quegli anni tutti coloro che avevano avuto in qualche modo a che fare con il Reich cercavano di lasciare l’Europa e rifarsi una vita altrove. Sulla nave c’erano certamente parecchie persone in fuga, ma non necessariamente coinvolte nei crimini del nazismo». E in effetti ancora oggi di prove concrete del legame tra Majorana e il nazismo, e che il regime tedesco avesse in qualche modo condizionato la sua presunta scelta di sparire, non ce ne sono.