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  • Martedì 18 settembre 2012

Davvero metà degli americani non paga imposte sul reddito?

Sì, ma le cose non stanno come le ha raccontate Romney nel video filmato a sua insaputa

MIAMI – APRIL 14: Felipe Castro holds a sign advertising a tax preparation office for people that still need help completing their taxes before the Internal Revenue Service deadline on April 14, 2010 in Miami, Florida. With only one day to go before the April 15th deadline to file taxes, accountants around the U.S. are swamped with people who waited until the last day to file. (Photo by Joe Raedle/Getty Images)

MIAMI – APRIL 14: Felipe Castro holds a sign advertising a tax preparation office for people that still need help completing their taxes before the Internal Revenue Service deadline on April 14, 2010 in Miami, Florida. With only one day to go before the April 15th deadline to file taxes, accountants around the U.S. are swamped with people who waited until the last day to file. (Photo by Joe Raedle/Getty Images)

Ieri pomeriggio – in Italia era tarda serata – il sito della rivista statunitense Mother Jones ha pubblicato alcuni video registrati da una telecamera nascosta durante una cena di raccolta fondi per Mitt Romney. Durante una conversazione, il candidato repubblicano dice che «c’è un 47 per cento di persone che voteranno per il presidente in qualsiasi caso», precisando che quello stesso 47 per cento sta dalla parte di Barack Obama «perché dipende dal governo»: si tratta secondo Romney di «gente che non paga le imposte federali sul reddito». Per questo, sostiene il candidato repubblicano, lui non si occuperà di queste persone.

(Romney registrato di nascosto)

L’imposta federale sul reddito – income tax – è quella versata dai lavoratori attraverso la dichiarazione dei redditi. Il dato fornito da Romney è corretto: negli Stati Uniti quasi la metà dei cittadini non paga l’imposta sul reddito. Ma l’argomento di Romney, ripetuto spesso dalla destra repubblicana, opera una forzatura – far coincidere quel 47 per cento con gli elettori di Obama – e legge male il dato di cui sopra: non è vero che quel 47 per cento sia una fascia di popolazione “parassita” che vive a scapito di quelle che i repubblicani definiscono “classi produttive”.

Secondo le percentuali fornite dal Tax Policy Center, un centro studi indipendente specializzato in politiche fiscali, il 53,6 per cento dei cittadini statunitensi paga l’imposta federale sul reddito. Il restante 46,4 per cento (percentuale che corrisponde al 47 per cento citato da Romney) non le paga, ma con delle sostanziali precisazioni: il 28,3 per cento non paga l’imposta federale sul reddito perché accumula una quantità sufficiente di deduzioni fiscali da azzerarla, ma paga le tasse sui salari (la payroll tax, versata dai datori di lavoro). Questo significa innanzitutto che ha un lavoro, e non vive sulle spalle del governo. Un altro 10,3 per cento non paga l’imposta sul reddito o perché è in pensione o perché è una persona anziana (categorie non sempre sovrapposte, ma che comunque Romney dice di voler tutelare). Resta un 6,9 per cento di cittadini che non sono né anziani né pensionati e che hanno un reddito inferiore ai 20.000 dollari: sono le persone più povere, che non pagano né le imposte sul reddito né le imposte sui salari. E sono, appunto, il 6,9 per cento.

Se dunque decine di milioni di famiglie non pagano l’imposta federale sul reddito, negli Stati Uniti non ci sono praticamente famiglie che non paghino le tasse. Il regime fiscale degli Stati Uniti, infatti, si basa sull’imposizione a tre diversi livelli: federale, statale e locale.

Inoltre, questo tipo di esenzioni è stato reso possibile principalmente grazie a misure approvate nel tempo proprio da repubblicani – Ronald Reagan nel 1986 e George W. Bush con la riforma fiscale del 2001 e i tagli del 2003 – spesso accompagnate al taglio della spesa e dei servizi o alla riduzione delle tasse per i ricchi. Ecco perché, occupandosi di questa vicenda, Ezra Klein sul Washington Post conclude il suo articolo scrivendo che la teoria di Romney non solo è “semplicemente impolitica”, ma anche che sta in realtà “alla base della sua agenda economica”.