La lentezza dei risultati

Il paragone con gli altri paesi mostra a ogni turno elettorale l'incredibile inadeguatezza dei nostri sistemi di conteggio e di quelli degli istituti di statistica

LaPresse29-05-2011 Milano, ItaliaElezioni Comunali Milano 2011 Nella foto: un momento delle votazioni
LaPresse29-05-2011 Milano, ItaliaElezioni Comunali Milano 2011 Nella foto: un momento delle votazioni

Complice la prossimità del voto francese, dove i risultati – era più facile, certo – erano stati dati per certi appena chiusi i seggi (e anche prima), nella giornata di lunedì moltissimi commenti di chi seguiva i risultati delle amministrative italiane sono stati dedicati alla lentezza nell’avere informazioni chiare (il responsabile dei dati a La7 chiedeva ancora cautela nell’interpretare i parziali tre ore dopo l’inizio degli scrutini, conclusi stamattina in molte città). Il tema è vecchio: negli altri paesi i risultati delle elezioni – sia dagli istituti statistici che dagli enti ufficiali – arrivano in tempi e con esattezze che in Italia ci sognamo, ogni volta rammaricandocene invano. Oggi ne scrive Giangiacomo Schiavi sul Corriere della Sera.

Se la modernità di un Paese si vede dalla macchina elettorale, beh, l’andamento lento dello spoglio nei seggi rischia di penalizzare ancora di più l’Italia, inchiodata ai ritardi anche quando si potrebbe farne a meno. In Francia e in Germania a pochi minuti dalla chiusura delle urne si proclamano già i vincitori, ma da noi, sei ore dopo la fine di un turno elettorale certamente meno impegnativo di altri, i risultati non ci sono o arrivano con il contagocce: tranne i grandi centri, dove le proiezioni si esercitano con buona approssimazione, il conteggio dei voti appare rallentato da intoppi e imprevisti, persino stop, con il blackout dello spoglio: scusate il ritardo, riprenderemo più tardi.
Va in scena a Como il primo caso di straordinaria agonia dello scrutinio, per controlli, contestazioni, complicate messe a punto: 16 candidati e 24 liste impongono un’attenzione speciale per evitare il rischio di errori, siamo d’accordo, ma non una pausa di riflessione lunga tre ore.

(continua a leggere sulla rassegna stampa del Sole 24 Ore)

(foto Lapresse)

Se uno li sa fare, gli exit poll funzionano