La Cina prova a controllare il suo Twitter

Da pochi giorni è obbligatorio fornire il numero di carta di identità per utilizzare i weibo, gli usatissimi siti di microblogging cinesi

Le autorità del Partito Comunista cinese stanno provando diversi metodi per controllare la grandissima diffusione di notizie e opinioni attraverso i siti di microblogging, gli equivalenti cinesi di Twitter (che nel paese è bloccato), come spiega l’Economist di questa settimana. “È difficile sovrastimare quanto l’arrivo dei siti di microblogging abbia cambiato il rapporto tra i governanti e i governati negli ultimi due anni”, scrive il settimanale. Il numero di persone iscritte ai due principali siti di microblogging ha superato i 250 milioni.

Lo scorso luglio, ad esempio, un grave incidente ferroviario nella città di Wenzhou venne commentato sui due maggiori siti di microblogging da milioni di persone, che in alcuni casi criticarono direttamente il modo in cui le autorità avevano gestito la situazione e la lentezza dei mezzi di comunicazione ufficiali nel dare notizie del disastro (arrivate sui siti di microblogging ben prima che sui media ufficiali). Le proteste su internet costrinsero le autorità a indagini più rigorose.

I siti di microblogging simili a Twitter, in Cina, si chiamano weibo. I più diffusi sono due: il primo è Sina Weibo, di proprietà della Sina Holdings Ltd., con circa 140 milioni di utenti e un pubblico generalmente piuttosto istruito e interessato all’attualità; il secondo è il weibo di Tencent, uno dei maggiori portali internet cinesi, che ha 200 milioni di utenti, di solito più giovani, frivoli e meno interessati alle notizie. I weibo sono simili a Twitter e agli analoghi servizi occidentali: i post hanno un limite di 140 caratteri (che però, trattandosi di ideogrammi, possono dire molte più cose) e possono essere ripresi dagli altri utenti.

Per cercare di limitare e controllare le proteste, scrive l’Economist, le autorità si muovono soprattutto in due modi. Uno è quello di leggere sempre più costantemente cosa viene detto sui siti di microblogging cinesi, attraverso decine di migliaia di account legati al partito e al governo cinese, lasciando apparentemente liberi gli utenti di dire ciò che vogliono. In altri casi i commenti scomodi vengono censurati. Per aumentare il controllo, dal 16 marzo le autorità hanno imposto ai siti di microblogging di comunicare i propri dati personali: Sina Weibo può essere utilizzato soltanto fornendo il proprio nome insieme al numero della propria carta di identità. Tencent, invece, continuerà a permettere agli utenti di utilizzare nickname in pubblico, ma tutti dovranno comunque trasmettere i loro dati personali alla società.

Non è chiaro, scrive l’Economist, come queste nuove regole influenzeranno gli utenti dei siti di microblogging cinesi, anche perché c’è un mercato sempre più ampio di coloro che imbrogliano, comprando per l’equivalente di poche decine di dollari “pacchetti” di followers o retweet. È facile che molti riescano a comperare un’identità fasulla, dato che esistono già società che offrono in vendita “identità certificate” dalle agenzie di controllo del governo. Le stesse società di microblogging, su pressione del governo cinese, assumono centinaia di persone per combattere i rumors scomodi sui social network e allo stesso tempo risalire alle fonti che hanno sparso quelle voci.