Il piano dei finiani per privatizzare la RAI

La proposta è stata presentata ieri da Della Vedova e Bocchino, ma non convince Barbareschi

Foto Roberto Monaldo / LaPresse
13-10-2010 Roma
Politica
Conferenza stampa FLI su privatizzazione Rai
Nella foto Italo Bocchino, Benedetto Della Vedova


Photo Roberto Monaldo / LaPresse
13-10-2010 Rome
FLI (Futuro e Liberta' party) press conference on Rai (Italian national televesion) privatization
In the photo Italo Bocchino, Benedetto Della Vedova
Foto Roberto Monaldo / LaPresse 13-10-2010 Roma Politica Conferenza stampa FLI su privatizzazione Rai Nella foto Italo Bocchino, Benedetto Della Vedova Photo Roberto Monaldo / LaPresse 13-10-2010 Rome FLI (Futuro e Liberta' party) press conference on Rai (Italian national televesion) privatization In the photo Italo Bocchino, Benedetto Della Vedova

Il presidente della Camera lo aveva annunciato qualche giorno fa, in un’intervista esclusiva ad Annozero. I finiani vorrebbero privatizzare la RAI: per “dare un futuro all’azienda e ai suoi dipendenti”, per ”far incassare allo Stato dai 4 ai 5 miliardi di euro”, per ”eliminare il canone”, “per garantire una maggiore concorrenza e una più ampia pluralità”.

La proposta in passato è stata sostenuta da politici vari schieramenti politici, sia a destra che a sinistra, ma è finita sempre nel nulla. Ora se ne torna a parlare grazie alla proposta dei finiani, i cui principi sono stati estesi in una bozza di legge presentata alla Camera, pubblicata sul sito di Libertiamo e descritta ieri da Italo Bocchino e Benedetto Della Vedova. In sostanza i finiani propongono di vendere l’intero capitale della RAI in mano allo Stato entro il 2011: la televisione pubblica si finanzierebbe con gli spot e con l’introduzione di una tassa sugli spot. Il servizio pubblico sarebbe affidato alle emittenti private, attraverso la stipula di concessioni ad hoc. Lo spiega la Stampa.

La bozza prevede che il procedimento di alienazione della partecipazione dello Stato venga avviata entro il 30 giugno 2011 e conclusa entro il 31 dicembre 2011. «Non possiamo perdere altro tempo – sostiene Bocchino – La Rai è un’azienda senza futuro. Se non si interviene, non sarà più competitiva sul mercato e finirà come Alitalia». Secondo Luca Bolognini e Francesco Fasanella di Libertiamo che hanno redatto la bozza, «il valore del capitale azionario della Rai, considerando una posizione finanziaria netta pari a zero nel 2008, è compreso tra 3,5 e 5 miliardi di euro, contro i 5,5 di Mediaset». Una stima prudenziale – si legge ancora nel testo – stabilisce però un prezzo di vendita plausibile tra i 3 e 4 miliardi.

Secondo quanto illustrato da Benedetto Della Vedova, il ministero dello sviluppo economico stabilirebbe ogni tre anni “il fabbisogno di servizio pubblico e gli oneri minimi da applicare alle emittenti”, nella misura massima di un terzo del fabbisogno generale, valutato in termini di ore di trasmissione. La quota restante sarebbe affidata tramite una gara a uno o più operatori privati, a condizione che coprano almeno il 50 per cento del territorio in ogni regione italiana: tra l’altro si tratta della stessa posizione del presidente dell’Antitrust, Antonio Catricalà. La bozza individua come trasmissioni di servizio pubblico quelle relative a educazione, informazione, formazione, promozione culturale.

La bozza affida all’Autorità per le Comunicazioni il compito di verificare il rispetto della legge, aprendo istruttorie e comminando sanzioni pecuniarie fino al 3% del fatturato. La proposta di legge si affianca alla mozione sul pluralismo nella Rai, presentata da Fli e calendarizzata a metà novembre. «È una mozione molto critica nei confronti della Rai, in particolare dei Tg faziosi e dell’eccessivo controllo preventivo da parte del dg – afferma Bocchino – Speriamo di avere il piu ampio appoggio parlamentare».

Fino a questo momento il governo si è detto piuttosto scettico, e Cicchitto ha detto di non essere convinto della proposta. Bocchino e Della Vedova dovranno preoccuparsi però anche del pieno appoggio del loro gruppo parlamentare. Che non sarà scontato, visto quanto dichiarato questa mattina all’ANSA da Luca Barbareschi, deputato e responsabile telecomunicazioni di Futuro e Libertà.

«Io sono il responsabile delle telecomunicazioni di Fli, non sono d’accordo con la proposta e glielo avevo detto ma è stata presentata ugualmente. Vorrei che avessimo una visione politica a lungo termine e non si puntasse a fatturati mediatici a breve. Spero che la proposta Bocchino e Della Vedova non l’abbiano presentata per finire sui giornali». Secondo l’onorevole Barbareschi «nè Bocchino nè Della Vedova hanno forse percezione di cosa potrebbe accadere con una Rai privatizzata a breve quando invece è una Rai servizio pubblico e centrale nel sistema quella sulla cui puntare». La proposta Bocchino-Della Vedova «ha qualcosa di demagogico, ma non è quella la direzione verso cui andare». C’è già aria di disaccordi pesanti all’interno di Futuro e Libertà? «Dobbiamo andare avanti con strategie condivise e non pensare a finire individualmente sui giornali ogni giorno altrimenti questo progetto non decollerà. Bisogna pensare alla convention Fli di Perugia, la proposta di ieri di privatizzazione della Rai è un francamente un passo affrettato»

Della Vedova ha risposto al suo collega dicendo che lui e Bocchino sapevano della posizione di Barbareschi, che «ne abbiamo tenuto conto» e che comunque c’è tutto il tempo di discuterne. «Ci confronteremo: non siamo mica una caserma, non c’è eterodossia e ortodossia». Però mantiene il suo punto di vista.

Della Vedova dice di «comprendere le preoccupazioni di un uomo di cultura, arte e spettacolo come Barbareschi rispetto al destino di un’azienda culturale come la Rai. Ma alla stessa preoccupazione rispondo in modo diverso, perchè penso che questo patrimonio rischia molto di più se viene lasciato nelle mani dello Stato e della politica. All’idea di riformarla non ci credo, perchè la Rai è statutariamente un impasto inestricabile di politica e tv, non è la Bbc e non può diventarlo. Anche il contesto tecnologico richiederebbe una gestione diversa. Insomma, la tv pubblica gestita direttamente dalla politica appartiene al passato».