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  • Lunedì 17 maggio 2010

Prigioniero politico

La CNN è riuscita a intervistare Mikhail Khodorkovsky, l'ex oligarca russo nemico di Putin detenuto in un carcere siberiano dal 2005

Nel 2004 Mikhail Khodorkovsky era l’uomo più ricco della Russia, e il sedicesimo più ricco del mondo. Un uomo d’affari, proprietario del colosso petrolifero Yukos, diventato ricco durante gli anni di Eltsin come molti altri oligarchi. Contrariamente a quel che facevano i suoi omologhi, però, Khodorkovsky si muoveva in modo piuttosto sbarazzino: con una mano sosteneva finanziariamente un largo numero di partiti di opposizione al governo di Vladimir Putin, con l’altra contrattava la cessione di un ramo della sua compagnia a un gruppo petrolifero straniero. Due mosse che a Putin non piacevano affatto.

Nel 2003 Khodorkovsky viene arrestato insieme al suo vice Platon Lebedev con l’accusa di evasione fiscale, frode e peculato: due anni dopo, il 31 marzo 2005, sarà condannato a nove anni di lavori forzati in Siberia. La sua azienda viene smantellata, costretta a pagare una cifra enorme in risarcimenti e multe, e poi viene acquistata dallo stato. La storia del processo di Khodorkovsky è stata analizzata e raccontata per anni da diverse associazioni per i diritti umani, e tutte sono arrivate alla conclusione che si sia trattato di quanto di più lontano da un processo equo: udienze spostate in località improbabili per tenere alla larga i giornalisti, accuse fabbricate a tavolino, forti pressioni da parti delle autorità governative. In mezzo tutta una storia da film di spionaggio fatta di prove artefatte e misteriosi omicidi di altri dirigenti della Yukos.

La pena di Khodorkovsky verrà poi ridotta a otto anni, ma proprio mentre la data del rilascio si avvicina – e quando Khodorkovsky da ricco oligarca è diventato ormai simbolo dell’opposizione al regime di Putin – saltano fuori delle nuove accuse e un nuovo processo per appropriazione indebita di denaro. Il processo è ancora in corso, l’accusa ha richiesto altri ventidue anni di detenzione.

Nonostante si trovi in carcere in Siberia, nel corso degli anni Khodorkovsky è riuscito più volte a comunicare con l’esterno, inviando articoli e messaggi. Qualche giorno fa la CNN è riuscita a far arrivare nella sua cella una lista di cinque domande, e Khodorkovsky è riuscito a far arrivare ai giornalisti le risposte.

Perché queste nuove accuse contro di lei? Sospetta che ci siano delle ragioni politiche?
Lo scopo delle nuove accuse è evitare il mio rilascio. Ci sono indubbiamente delle motivazioni politiche, non fosse altro perché non ci sono motivazioni di altro genere. A oggi, i procuratori non sono riusciti a spiegare come gli sia venuto in mente che tutto il petrolio prodotto da Yukos possa essere stato rubato, che in sostanza è la cosa di cui mi accusano.

Lei sta difendendo semplicemente lei e la sua ex azienda, o c’è un principio più grande da difendere?
È stato molto doloroso per me vedere la mia compagnia ridotta al disastro, quando con me funzionava perfettamente. Ormai fa parte del passato, comunque: è storia. Oggi sappiamo che tutto è cominciato con il caso Yukos: il divieto alle imprese di finanziare i partiti di opposizione, le appropriazioni illegali della proprietà privata, i numerosi arresti di uomini d’affari con l’accusa di corruzione. Da quando il governo ha messo le mani su Yukos, il costo della corruzione nell’economia russa è salito da trenta miliardi a trecento miliardi. Per questo il mio processo rappresenta un simbolo e un punto di riferimento della nostra storia recente.

Il tempo che ha trascorso in prigione ha avuto almeno una conseguenza positiva?
A un certo punto nella mia vita mi sono accorto che avevo bisogno di fare qualcosa per favorire la costituzione di una forte società civile, in questo paese. Certo, è stato difficile emanciparsi dalla routine della vita dell’uomo d’affari, sia psicologicamente sia in quella che era la percezione pubblica della mia persona. In questo senso, la prigione mi ha dato la possibilità di fermarmi e ripensare ai miei valori.

Fino a che punto la sua è diventata una battaglia personale contro Vladimir Putin?
Sicuramente non sono gradito a Putin. È difficile per me dire quanto la mia persecuzione sia basata su calcoli politici, interessi privati o sentimenti personali. La mia carriera negli affari mi ha insegnato a tenere le emozioni sotto controllo.

La storia dei suoi processi cosa ci dice riguardo lo stato di diritto in Russia?
In Russia non c’è nessuna persona seria e in buona fede che potrebbe sostenere che il mio sia stato un processo equo. Si discute semmai di quanto sia etico l’utilizzo questo metodo per raggiungere i propri obiettivi politici, e soprattutto se questi obiettivi sono leciti o no. Che le ragioni del mio arresto siano politiche non è più argomento di discussione, e da molto tempo. Chiunque capisca un po’ di diritto, poi, è arrivato alla conclusione unanime che le accuse contro di me sono semplicemente assurde. Insomma, la risposta sullo stato di diritto in Russia è tutta qui, sarebbe ridondante aggiungere altro.