Sono Andrey, quello di Chatroulette

Andrey Ternovskiy è il ragazzino di 18 anni che ha inventato il fenomeno web dell'anno

di Elena Favilli

Dice che l’idea di Chatroulette gli è venuta mentre cercava di vendere costosi souvenir russi nel negozio di suo zio Sasha a Mosca. Undici ore al giorno, cinque giorni a settimana, guidava i turisti tra matrioske, cofanetti laccati e chincaglierie kitsch dell’ex Unione Sovietica. Non era molto bravo nelle trattative, ma si divertiva: conosceva ogni giorno un sacco di persone e imparava le loro lingue. Fu licenziato nel giro di un mese.

Il New Yorker racconta la storia del diciottenne russo Andrey Ternovskiy, inventore del fenomeno Chatroulette e oggi conteso da finanziatori russi e americani: tutti in cerca di potenziali business nel milione di accessi che il servizio di chat ha raggiunto. Magro, nervoso, qualche brufolo e una leggera barba biondo scuro, ha appena compiuto 18 anni e fa fatica a guardare la giornalista Julia Ioffe negli occhi mentre lo intervista.

La mia passione è sempre stata esplorare altre culture. Nel negozio dello zio potevo incontrare centinaia di persone provenienti da nazioni diverse anche in un solo giorno.

Ternovskiy è nato il 22 aprile 1992, quattro mesi dopo il collasso dell’Unione Sovietica, ed è cresciuto in un appartamento ordinato di un tetro palazzone di Mosca. Sua madre, Elena, è una matematica che lavora sulle equazioni differenziali all’Università di Mosca. Suo padre, Vladimir, è professore associato di matematica alla stessa università. La loro routine familiare è sempre stata turbolenta: litigi, separazioni frequenti, e per Vladimir anche una seconda famiglia. Andrey cresceva passando le giornate nella sua stanza di fronte al computer. Il padre aveva sempre creduto che il futuro sarebbe stato lì, e, per quello che poteva, ha sempre cercato di rifornire il figlio con gli ultimi modelli. Gli aveva anche affiancato un insegnante privato, un personal trainer e un istruttore di scacchi. Ma la maggior parte delle cose che Andrey imparava, le imparava con il suo computer. In quarta elementare sapeva già programmare.

E mentre diventava sempre più bravo come hacker, i suoi voti a scuola precipitavano. Il padre non riusciva a darsi pace per la sua inettitudine con la matematica. Aveva anche chiesto a uno dei suoi studenti di fargli ripetizione, ma non c’era verso: Andrey arrivava sempre tardi alle lezioni e sembrava del tutto incapace di risolvere anche i problemi più semplici. Un giorno però  l’insegnante si accorse del suo talento nel risolvere al volo problemi strampalati e complessi che avessero una componente visiva molto forte. Due robot vengono paracadutati su un piano infinito fatto a scacchi, come fanno a rintracciarsi? Come suddividi un rettangolo in pentagoni convessi? Andrey trovava subito la soluzione e la disegnava. “Non è stupido”, dice il suo insegnante Fedor Puchkov, “è pigro”.

A scuola però le cose continuavano ad andare malissimo. Assenze continue e atteggiamento insolente verso gli insegnanti, soprattutto il professore di inglese di cui correggeva sempre la pronuncia. Sua madre ha cercato di recente di recuperare il rapporto con le autorità della scuola, ma l’hanno ignorata: Andrey è un milionario indesiderato. D’altra parte Andrey è convinto che la scuola sia solo una perdita di tempo:

Negli ultimi tre anni di scuola non ho fatto niente. Ci sono così tante cose interessanti nel mondo, e io dovrei stare lì seduto sui libri?

Mondo per lui ovviamente significa Internet. Il suo migliore amico è un russo di nome Kirill Gura che vive a Charleston, West Virginia. Ogni sera negli ultimi cinque anni Andrey ha acceso il computer e l’ha trovato lì ad aspettarlo su Messenger per fare due chiacchiere finché uno dei due non si addormenta: “È un amico vero”, dice.
Nella sua camera la sedia è sistemata di fronte a due schermi giganti alla distanza indicata da Wikipedia per evitare affaticamento degli occhi e posture viziate.

Il computer è la mia finestra sul mondo, l’unica cosa di cui ho bisogno per sopravvivere: potrebbe sostituire qualsiasi cosa.

Nell’estate del 2009 si mise a lavorare su Chatoroulette con l’obiettivo di ricreare l’atmosfera di incontri casuali del negozio dello zio Sasha. Basta entrare nel sito per essere connessi in video-chat con un altro utente a caso. Quando ti sei annoiato, schiacci “next” e passi al prossimo. Oggi il sito ha più di un milione di accessi al giorno e con la sua logica di connessione casuale ha ribaltato il paradigma di ordine e sicurezza che si era affermato su Internet negli ultimi anni. Tra gli incontri più frequenti ci sono quelli con coppie che fanno sesso, ragazze che si spogliano e uomini che si masturbano: questo tiene alla larga molti, incuriosisce molti altri, ma non può rendere trascurabile l’idea di comunicazione rivoluzionaria che c’è dentro. C’è chi ci ha messo creatività spiritose e chi invenzioni artistiche: come il popolare “improvvisatore per piano su Chatroulette”, che suona cose diverse a chiunque incontri in video.

Quando il New Yorker l’ha intervistato, Andrey aveva appena ricevuto una telefonata in cui gli si diceva che il suo visto per entrare negli Stati Uniti era pronto. Fred Wilson, capo di Union Square Ventures, uno dei fondi d’investimento più grossi degli Stati Uniti, era riuscito a velocizzare i tempi per ottenere il documento.
Anche Yuri Milner, C.E.O di Digital Sky Technologies, un’azienda con base a Mosca che si occupa di investimenti Internet, gli aveva fatto un’offerta ma Andrey aveva subito rifiutato: voleva l’America.
La sera prima di partire per New York ha annunciato alla sua famiglia che non sarebbe più tornato in Russia. Non sopporta la cultura antioccidentale che si respira a Mosca, ha paura di finire come recluta nell’esercito e quasi tutti i suoi amici virtuali vivono negli Stati Uniti.

All’aeroporto è stato un disastro. È arrivato con i genitori appena in tempo per imbarcarsi dopo una corsa in mezzo al traffico di Mosca. Vestito con una giacca di velluto a coste marroncine perché la madre pensava che a New York facesse caldo, non riusciva a compilare tutti i moduli necessari per portarsi dietro novemila dollari in contanti. Quando finalmente li ha consegnati, ha rischiato di dimenticare i bagagli nel nastro del controllo di sicurezza, poi si è girato e ha lanciato un sorriso ai suoi genitori prima di scomparire nel terminal.

Al suo arrivo a New York ha trovato una macchina di Digital Sky Techonolgy ad aspettarlo. L’autista l’ha informato che un assistente di Yuri Milner lo stava per raggiungere per parlargli d’affari: a Mosca Milner aveva chiamato più volte il padre di Andrey perché lo convincesse a collaborare. Ma Andrey ha resistito. New York non gli è piaciuta, “troppo simile a Mosca”. E quell’albergo poi, con quella doccia e quelle luci così complicate lo facevano sentire come Borat: iniziava a temere che Chatroulette sarebbe fallita e che sarebbe stato rispedito tra le braccia dell’esercito russo.

La settimana successiva è partito per San Francisco per una serie di incontri con altri investitori, e in California ha trovato l’America che aveva sempre sognato: sole e lavoro a bordo piscina. Si è trasferito in un appartamento a Palo Alto, dice di sentire la mancanza degli spaghetti di sua mamma ma di essere felice e molto impegnato. Shervin Pishevar, fondatore di Social Gaming Network e uno degli investitori di Chatroulette, lo sta aiutando a condurre gli incontri con i possibili finanziatori e a ottenere un visto che gli permetta di restare a vivere negli Stati Uniti.

Lui nel frattempo si è comprato una bici da 2.400 dollari e se l’è fatta rubare il giorno dopo. È anche andato a trovare il suo amico Kirill Gura in West Virginia, quello con cui aveva chattato per anni su MSN senza averlo mai conosciuto di persona. “È stato strano” ha detto “stavamo lì a guardarci ma non avevamo molto da dire”.