domenica 7 Maggio 2023

Uno scoop a quale costo?

Il mese scorso la storia di un reporter del McCurtain Gazette-News (un piccolo giornale dell’Oklahoma), Bruce Willingham, ha ottenuto l’attenzione dei media nazionali statunitensi. Al termine di una riunione dei funzionari della contea di McCurtain, dopo che ai cittadini era stato detto di abbandonare la sessione, Willingham aveva lasciato un registratore vocale attivo nella sala sperando di ottenere prove che i funzionari stessero tenendo riunioni operative segrete. Nell’audio recuperato si sente un commissario della contea proporre di uccidere giornalisti locali, e lamentarsi che i neri non possano più essere linciati. In seguito alla sua pubblicazione ci sono state proteste pubbliche e alcuni funzionari che avevano partecipato alla conversazione si sono dimessi. La storia ha generato anche un dibattito laterale sulla correttezza e la liceità del comportamento del reporter. Un giornalista del sito di una non profit dell’Alabama, Tom Arenberg si è chiesto in quali altre circostanze la raccolta di notizie potrebbe rientrare in questa zona etica grigia e sul suo blog ha proposto una serie di scenari ipotetici, chiedendo a giornalisti reali o potenziali come si comporterebbero di fronte a scelte simili, e indicando tra parentesi il suo, di parere.
(il contesto è quello del giornalismo americano, che ha rigori e regole condivise molto più di quanto accade da noi, rispetto alla correttezza con le fonti, con i coinvolti e con i lettori)

“Vedi due giornalisti accanto al tuo tavolo al ristorante. Stanno parlando ad alta voce e puoi sentire tutto quello che dicono su un argomento rilevante in cui sono coinvolti. Riferisci quello che dicono? (Io dico di sì, ma solo dopo aver dato a ciascuno la possibilità di elaborare, chiarire o fare marcia indietro il giorno dopo)”.
“Uno scenario simile ma questa volta riguarda camere d’albergo adiacenti. (Le tratterei come informazioni non registrate e le sfrutterei per ottenere conferme registrate dai giornalisti o da altri)”.
“Un giornalista sta tenendo un discorso a un incontro pubblicizzato come aperto al pubblico ma non ai media. Ti togli il tuo badge da giornalista, partecipi e riferisci? (Io sì, senza problemi)”.
“E se l’evento è destinato a soli membri di un club, ma sai che se ti intrufolerai nessuno ti noterà? Lo faresti, per raccontare? 
(Per me questo è un no”.
“Hai bisogno di un’intervista con una figura centrale in una grande controversia, ma l’amministrazione (segretaria, addetto alle relazioni con i media) sta mettendo dei blocchi. Dichiareresti di essere qualcuno diverso da un giornalista solo per superare i controlli? (Anche questo per me è un no)”.
Stai facendo un’intervista al protagonista di una notizia nel suo ufficio. Sulla sua scrivania c’è una lettera che riesci a leggere e puoi capire che riguarda una storia importante di cui ti stai occupando. Continui a leggere per vedere se sono notizie di cui dovresti ricevere conferma in seguito? (Io consiglierei di non leggerla)”.
“Prevedi un’intervista difficile con una persona chiave in una storia importante, in uno stato che non impone di rivelare che la stai registrando. Dubiti che la persona ti darà il permesso, ma vuoi che il pubblico la ascolti direttamente. Registri segretamente l’intervista? (Io lo farei ma non la renderei pubblica a meno che l’intervistato non contesti pubblicamente la mia accuratezza)”.
“In risposta ad una richiesta di dati pubblici, ottieni un documento parzialmente censurato. Ma la parte censurata è censurata male e puoi vedere cosa c’è nascosto o avere una tecnologia per svelarla. Pubblichi l’informazione nascosta? (Sì, in un batter d’occhio)”.

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