domenica 27 Aprile 2025
Una giuria ha dato di nuovo ragione al New York Times, martedì, nel processo in cui il giornale era accusato di diffamazione da Sarah Palin, ex governatrice dell’Alaska e candidata alla vicepresidenza degli Stati Uniti. Il processo era stato ripetuto dopo l’annullamento per alcune irregolarità nel suo primo svolgimento. L’avvocato del giornale ha detto che la sentenza conferma che “l’editore non può essere considerato punibile per un errore in buona fede”.
La storia, ricordiamo, era questa: “in un editoriale del 2017 il New York Times accusò Palin di avere contribuito a incentivare azioni terroristiche violente contro i membri del parlamento (compreso l’attentato del 2011 contro Gabrielle Giffords), attraverso sue campagne e messaggi descritti in modo errato nell’articolo. Dopo le proteste il giornale corresse l’editoriale, segnalando l’errore in coda, ma Palin presentò lo stesso una denuncia per diffamazione. Durante le udienze di questi giorni stanno emergendo molte questioni significative sul funzionamento dei giornali: la principale è la contraddizione quotidiana tra i tempi immediati di pubblicazione e la necessità di verifiche attente. In quel caso l’editoriale seguiva un nuovo attentato e il giornale ritenne che non potesse essere rimandato, e il difetto di memoria del suo autore non ebbe il tempo di essere verificato e corretto”.
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