domenica 23 Febbraio 2025
Ogni mese ci sono procedimenti per diffamazione contro giornali, giornalisti e direttori responsabili. Solitamente non ne abbiamo notizie, perché nella gran parte dei casi i giornali non hanno naturalmente interesse a raccontare di eventuali condanne, e si accontentano dello scampato pericolo in caso di assoluzione o di archiviazione, o preferiscono non maramaldeggiare nei confronti della parte avversa, o non complicare ulteriormente le rispettive relazioni. O semplicemente non ritengono che si tratti di notizie rilevanti o eccezionali (il Post, per esempio, è stato assolto in un processo per diffamazione due mesi fa).
A volte capita che in una condanna per diffamazione il giudice decida la pena accessoria di pubblicare – a spese dei condannati – la sentenza su alcuni giornali, in modo da compensare i soggetti diffamati e dare informazione delle loro ragioni. Anche se quei box a pagamento non sono particolarmente attraenti e visibili per i lettori, è in questi casi che di solito possono venire a conoscenza di una di queste sentenze.
Altre volte invece, soprattutto con le testate più polemiche, di alcune sentenze viene data notizia, quando le testate sono state assolte contro “nemici” consolidati, o quando altre testate “nemiche” sono state condannate e la vittoria è stata di “amici”.
È probabilmente così che si spiega che il Fatto, e solo il Fatto tra i quotidiani maggiori, abbia scelto di dare evidenza venerdì alla condanna di Repubblica in un processo per diffamazione dopo la denuncia della ex ministra del M5S Fabiana Dadone. Ma la sentenza ha in effetti dei toni molto severi rispetto a una serie di articoli di Repubblica del 2022: «Le notizie contenute negli articoli si sono rivelate prive di contenuti, visto che le varie indagini su cui è stato sollevato il “polverone” (così definito dalla stessa “La Repubblica”) non hanno portato a nulla. Non solo è quindi emerso che la Dadone nulla avesse a che fare con la vicenda, ma che altresì i soggetti realmente coinvolti non avevano commesso alcun illecito». Il tribunale di Cuneo ha condannato Repubblica a un risarcimento di 50mila euro nei confronti di Dadone.
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