domenica 28 Novembre 2021

Più oblio per tutto

La Corte Europea dei Diritti dell’Uomo è intervenuta su un piccolo caso esemplare italiano a proposito del cosiddetto “diritto all’oblio“, sancendo che il dovere di deindicizzazione di un articolo (ovvero di non farlo comparire sui motori di ricerca, Google per primo) non sia solo dei motori stessi, ma anche del sito che lo ha pubblicato. Decisione intuitivamente discutibile (in sostanza impone che se un sito – in questo caso Google – ne cita e linka un altro, a intervenire per evitarlo debba essere il sito linkato; e conferma un tempo definito di “diritto all’oblio”), ma sul tema c’è ormai un longevo dibattito e molta letteratura. Il caso in questione era stato raccontato dal Post due anni fa.

“Nel marzo del 2008 PrimaDaNoi aveva pubblicato un breve articolo sull’alterco tra due fratelli settantenni nel loro ristorante: la discussione si era fatta violenta e uno dei due aveva ferito l’altro con un coltello da pesce. Erano intervenute le forze dell’ordine, che avevano arrestato i due fratelli (che avevano ricevuto ferite non gravi) e alcuni altri membri della famiglia.

Nel 2010 uno dei due fratelli fece causa a PrimaDaNoi, sostenendo che in base al diritto all’oblio l’articolo su quel fatto di cronaca avvenuto appena due anni prima dovesse essere rimosso. Biancardi rifiutò, ritenendo di avere riportato accuratamente la notizia citando i rapporti di polizia. Il fratello contestatore sostenne comunque che l’articolo violasse la sua privacy, perché era facilmente reperibile online tramite i motori di ricerca. Inoltre, se si cercavano informazioni sul suo ristorante, tra i primi risultati offerti da Google c’erano notizie sulla violenta rissa con il fratello, cosa che avrebbe danneggiato gli affari della sua attività”.

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