domenica 22 Ottobre 2023

Parte in guerra

La situazione in Israele e nei territori occupati sta generando anche molte discussioni e riflessioni sul lavoro dei giornali, dei giornalisti e di chi diffonde informazioni sui social network. La strage all’ospedale di Gaza di martedì sera ha in particolare messo in grosse difficoltà anche le testate internazionali più autorevoli e importanti: diverse di loro hanno titolato immediatamente riferendo le accuse provenienti da fonti di Hamas – e indicandole come tali – che si trattasse di un attacco israeliano. E hanno poi rivisto quei titoli man mano che arrivavano dubbi e ricostruzioni scettiche. Ma secondo molti commenti anche qualificati (qui c’è una discussione avvenuta in un programma della tv americana NBC) proprio quei titoli hanno avallato una versione dei fatti ancora da verificare e prodotto delle pericolose e violente reazioni successive, con attacchi e manifestazioni in diverse città fuori da Israele.
Il New York Times, tra i maggiori accusati, ha pubblicato un articolo relativo alle accuse spiegando le difficoltà di seguire quello che succede con pochi giornalisti sul campo, data la pericolosità della situazione. Anche BBC ha pubblicato una parziale ammissione di errore. Nate Silver, famoso sondaggista e analista di dati che già lavorò col New York Times, ha commentato criticamente le scelte del giornale, suggerendo di ammettere l’errore e spiegarne le ragioni. Lunedì Ben Smith, direttore del sito di news Semafor, aveva scritto un suo commento preoccupato che i media americani e internazionali possano ripetere gli errori avvenuti dopo gli attentati dell’11 settembre, che nei giorni passati erano stati molto paragonati ai massacri del 7 ottobre scorso in Israele: promuovendo degli approcci bellicosi e delle ricostruzioni sbrigative ed emotive (come quelle che concorsero alla criticata scelta dell’invasione statunitense dell’Iraq) e trascurando il rigore nel racconto e nella verifica dei fatti.

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