domenica 16 Novembre 2025
Si sono di nuovo complicate le trattative tra la federazione degli editori di giornali italiani e il sindacato dei giornalisti, a proposito del rinnovo del contratto giornalistico. Non una condizione ideale per affrontare in modo solidale i pericoli e i problemi correnti per le aziende giornalistiche. Il contratto è scaduto da ben nove anni, e tutto quello che è successo nel frattempo ha generato approcci e richieste conflittuali tra le parti, come avevamo spiegato già qualche mese fa:
“Il sindacato sostiene che l’aumento dell’inflazione richieda una revisione degli aspetti economici del contratto, e che gli utili prodotti dalle aziende giornalistiche italiane (da alcune di loro, nei fatti) grazie ai contributi pubblici e alle riduzioni dei costi debbano essere in parte ridistribuiti verso i giornalisti e verso investimenti su nuove assunzioni e sulla riduzione del precariato. Gli editori, invece, sostengono che tutto sia cambiato – sia in termini di disponibilità di risorse che di funzionamento del lavoro e del sistema dell’informazione – e sia necessario attenuare alcune norme che loro ritengono rigidità eredi di periodi più floridi e assai diversi. In più, c’è un singolare dissenso sulla regolamentazione dell’uso delle “intelligenze artificiali”, regolamentazione che gli editori temono di vedere presto superata e che limiti delle opportunità”.
Adesso c’è stato un nuovo scambio di accuse, soprattutto sulle richieste economiche. Il sindacato dei giornalisti ha proclamato uno sciopero per il 28 novembre, la federazione degli editori ha risposto indignata sostenendo di avere concesso molto.
“Nell’ultimo decennio gli editori, nonostante il dimezzamento dei ricavi che in tutto il mondo ha colpito la carta stampata, hanno significantemente [sic] investito nelle aziende per garantire una informazione di qualità e per salvaguardare l’occupazione.
In tale contesto, il contratto di lavoro dei giornalisti è fermo a modelli organizzativi superati dall’evoluzione tecnologica: la rigidità economica e normativa, nonché l’onerosità ed anche la presenza di situazioni paradossali – come il pagamento delle ex festività abrogate da una legge del 1977 – impongono modifiche significative.
In questi anni, comunque, il costoso sistema degli scatti in percentuale previsto dal contratto – oramai un unicum – ha sostanzialmente garantito il potere d’acquisto dei giornalisti.
Nonostante l’assenza di disponibilità da parte sindacale a innovare in alcun modo le norme contrattuali, le aziende editoriali hanno formulato un’offerta economica importante.
Gli editori ritengono, pertanto, poco costruttiva la posizione della FNSI di respingere la proposta e proclamare uno sciopero in un contesto difficile come quello attuale e, facendo appello al senso di responsabilità dei giornalisti, confidano in un più realistico confronto sulle sfide che investono oggi il mondo dell’editoria e la professione giornalistica”.
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