domenica 1 Giugno 2025
I giornalisti di Repubblica hanno approvato un documento che chiede alla direzione del giornale un maggiore impegno non solo sull’informazione che riguarda l’invasione israeliana di Gaza e le stragi conseguenti ma anche verso attività che contribuiscano a una pressione sul governo israeliano per interrompere il suo intervento.
“Le giornaliste e i giornalisti di Repubblica propongono uno sforzo ulteriore, alla direzione del quotidiano e alla categoria tutta, per sensibilizzare l’opinione pubblica sui crimini che stiamo raccontando con sempre maggiore sgomento, attraverso nuove forme di protesta, partecipazione, inchiesta, sostegno economico ai cronisti palestinesi. Non è mai stato tempo di minimizzare, giustificare o sposare le ragioni delle propagande contrapposte. Repubblica è e resta dalla parte delle vittime dei conflitti, comprese e non ultime quelle del 7 ottobre e gli ostaggi ancora in mano ad Hamas. Questo è il momento di alzare la voce, collettivamente, utilizzando ogni strumento a nostra disposizione”.
Come racconta tra gli altri il Fatto, sull’approvazione del documento ci sono stati ripensamenti e interventi della direzione che hanno spinto alle dimissioni i membri del Comitato di redazione.
“Poco prima delle 18 inizia la votazione del documento ma dai piani alti del quotidiano fondato da Eugenio Scalfari si muove un vicedirettore – ma probabilmente un altro è stato coinvolto – che si rivolge ai capi di due settori del giornale per coinvolgere il maggior numero di giornalisti. L’obiettivo? Fermare il voto in corso (i due settori hanno inviato una seconda votazione) e, soprattutto, far riaprire l’assemblea. La richiesta arriva al cdr, che giustamente oppone. Il primo componente a lasciare il cdr dopo la giornata convulsa è stato Matteo Pucciarelli. “È stata messa in discussione l’esistenza stessa di un sindacato all’interno di questo giornale – ha scritto – dopo che il testo è stato emendato con la massima disponibilità in alcuni punti su richiesta dei colleghi, si è riaperto il dibattito nei corridoi romani e nelle chat dei delegati sindacali. Un dibattito riaperto in separata sede in primis da pezzi di direzione e da alcuni capiredattori. La richiesta era di riconvocare un’assemblea regolarmente conclusa e con una votazione in corso per cambiare ulteriormente il testo. Penso che i processi di partecipazione siano sacri, inviolabili: l’assemblea è il luogo sovrano dove tutte e tutti sono invitati (non obbligati) a partecipare. Oggi ho scoperto che non è più così. C’è chi preferisce sovvertire il processo, facendo leva sul proprio ruolo. Lo trovo irrispettoso verso chi alle assemblee partecipa, verso chi nelle assemblee si espone esprimendo liberamente il proprio parere, verso i membri del Comitato di redazione””.
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