domenica 2 Luglio 2023

La questione canadese

Meta continua a mantenere la sua sospensione della promozione dei contenuti dei siti di news su Facebook e Instagram in Canada, come aveva deciso dopo l’approvazione di una legge che obbliga Facebook e Google a trattative per compensare le testate giornalistiche per l’uso dei loro contenuti sulle piattaforme. La questione è al centro di attenzioni e dibattiti in Canada, ed è intervenuto anche il primo ministro Trudeau. Quella di Meta non è una protesta, ma l’applicazione della tesi per cui “a queste condizioni non ci conviene dare spazio alle news, che per noi non sono così importanti, e ci costerebbero più di quanto ci danno”.

Giovedì anche Google ha adottato una simile reazione: annunciando che non vede spazio perché le norme applicative della legge – che devono essere scritte – consentano un compromesso soddisfacente (per Google) e che quindi da che la legge entrerà in vigore il motore di ricerca smetterà di mostrare risultati proveniente dai siti di news canadesi, in Canada.

Nel frattempo quello che succede in Canada è osservato anche dal resto del mondo con curiosità o con scetticismo. Da una parte gli editori di altri paesi sperano che iniziative legislative di questo genere siano applicate anche nei loro paesi per garantire un’entrata preziosa e a costo zero: di fatto si parla di imporre alle piattaforme di pagare dei contributi per una situazione già esistente, e che peraltro genera già benefici di traffico per i giornali online e – modesti – ricavi conseguenti.
Dall’altra gli osservatori più esperti segnalano come in Canada si rischi di replicare gli effetti fallimentari della legge già in vigore in Australia, che si è risolta appunto in cospicui contributi per i grandi editori con maggiore potere contrattuale e pochi benefici per i progetti giornalistici nuovi o più piccoli, e per i lettori e l’interesse pubblico. Un modo per dare altri soldi a chi ne ha di più, e a chi già domina il mercato giornalistico.

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