domenica 24 Aprile 2022

Joe Kahn e il New York Times

La notizia della settimana nel giornalismo americano è una notizia della settimana che ha avuto comprensibili attenzioni anche fuori dal giornalismo e anche fuori dall’americano. Il New York Times , il quotidiano più importante e potente del mondo, ha scelto un nuovo direttore (“executive editor”, ne parliamo qui sotto). La decisione era attesa – l’attuale direttore Dean Baquet aveva fatto capire più volte di voler rispettare la consuetudine che 65 anni sia l’età giusta per lasciare – ma il nome di Joe Kahn (che ne ha 57) era uno tra diversi possibili. Sul quale sono state già pubblicate pagine e pagine di commenti, che si possono sintetizzare solo a grande scapito della complessità del contesto. Dopo il primo direttore afroamericano della storia del New York Times – Baquet – il giornale ne na scelto uno bianco, bostoniano, di ricca famiglia (suo padre fu cofondatore di Staples, enorme società di prodotti per ufficio), ma che condivide con Baquet un’idea più rigorosa e tradizionale del giornale, rispetto ai cambiamenti e alle agitazioni di questi tempi. Soprattutto rispetto alle pressioni che sono arrivate negli ultimi anni – dall’esterno e dall’interno del giornale – per un ruolo più “impegnato” e non neutrale del giornale in difesa dei diritti e dei principi democratici, messi molto in discussione negli Stati Uniti dalle partigianerie politiche e dall’amministrazione Trump. La posizione di Kahn – il cui curriculum è riassunto qui – sembra essere più orientata a considerare che l’impegno del New York Times debba essere quello di raccontare e spiegare i fatti in maniera autorevole e attendibile, senza rischiare di perdere credibilità, senza diventare un giornale “d’opposizione” alle derive della destra americana. Ma è una posizione che rischia di scontentare molti, sia tra i lettori che nella enorme, varia e rinnovata azienda del New York Times , come aveva spiegato qualche anno fa Jay Rosen, rinomato studioso dei problemi dell’informazione, descrivendo i “fedeli” del giornale: «Per la gran parte sono persone sconvolte da Trump che lo vogliono vedere maggiormente attaccato. Vogliono che il Times sia più aggressivo sui suoi sostenitori e più insistente nel rivelare le sue bugie. Vogliono che i giornalisti del Times vedano quello che vedono loro – un assalto alle istituzioni democratiche, la corruzione della repubblica americana – e si comportino di conseguenza. Ma queste persone sono vissute come una minaccia dalla redazione. La paura è che vogliano trasformare il Times in un giornale d’opposizione. Che non è ciò che il Times si considera. La paura è che vogliano che il Times aiuti a salvare la democrazia americana. E neanche questo è quello che il Times pensa di sé».
Kahn ha già nominato due suoi vice, Carolyn Ryan e Marc Lacey, di cui lo stesso New York Times indica che: “Ms. Ryan sarà la prima giornalista dichiaratamente omosessuale nel ruolo di managing editor. Mr. Lacey è il terzo giornalista nero nello stesso ruolo”.

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