domenica 2 Maggio 2021

Il diritto all’oblio, una grande conversazione quotidiana

Le regolamentazioni e le sentenze introdotte – soprattutto nelle sedi dell’Unione Europea – a proposito del diritto delle persone di attenuare o cancellare da internet informazioni giornalistiche che le riguardano, entro determinate circostanze, hanno creato un fronte di occupazioni del tutto nuove, nei giornali e negli studi legali.
Le richieste in questo senso sono infatti molto frequenti, e nel caso dei giornali quasi quotidiane: ci sono studi legali che le seguono, e sono nate società che svolgono servizi in questo senso. Nelle aziende giornalistiche si sono investite risorse, tempo e competenze per dare risposta a queste richieste.

Le risposte sono complesse, perché le variabili intorno a cui viene discussa la legittimità delle richieste sono tante: quanto tempo è passato, che notorietà aveva e ha la persona coinvolta, quanto siano rilevanti la sua presenza e la citazione del suo nome nell’articolo discusso, che valore di servizio pubblico abbia tuttora la notizia. E poi ci sono tipicamente tre diverse richieste che vengono avanzate, in successivi subordini: la cancellazione dell’articolo, la rimozione del nome del cliente dall’articolo, la “deindicizzazione” dai motori di ricerca (ovvero l’introduzione di un breve codice che faccia sì che l’articolo non compaia su Google e sui motori di ricerca).
Poi, l’esperienza del Post sarebbe tentata di aggiungere qui una lunga trattazione sui toni bulli e minacciosi – quasi sempre dei bluff senza fondamento per intimidire interlocutori inesperti – di alcuni degli studi legali richiedenti, ma non ci sfogheremo in questa occasione.

Più in generale, per i giornali è anche una questione di valutare ogni volta – contemplando le variabili citate sopra – una scelta di equilibrio tra il diritto di cronaca e di documentazione storica, e i diritti o le spesso comprensibili esigenze delle persone protagoniste delle notizie.

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