domenica 22 Ottobre 2023

Il caso Steve Bell

Nel Regno Unito ci sono state vivaci polemiche dopo il licenziamento da parte del Guardian, uno dei più importanti quotidiani del paese, del suo storico disegnatore satirico Steve Bell, che oggi ha 72 anni e aveva iniziato a collaborare con il Guardian nel 1983. E diventando una presenza molto familiare della satira e del dibattito politico britannici, con vignette spesso molto aggressive e severe nei confronti dei politici nazionali e internazionali, disegnati con tratti sgradevoli o animaleschi.

La direttrice del Guardian Katharine Viner ha deciso di non rinnovare il contratto di Bell, che scadrà ad aprile del prossimo anno, ma le sue caricature non saranno più pubblicate con effetto immediato. Il giornale ha dato spiegazioni generiche ed evasive ma le ricostruzioni prevalenti – e quella dello stesso Bell – citano un rapporto che negli ultimi anni era diventato spesso conflittuale e un nuovo scontro su una vignetta della settimana scorsa che ritrae il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu: il Guardian si è rifiutato di pubblicarla accusandola di riprendere messaggi antisemiti.

Bell ha detto al sito PressGazette che i suoi rapporti con la redazione del Guardian erano diventati “un po’ tesi”, e ha anche sostenuto che alcuni interventi editoriali apportati al suo lavoro erano “sempre più meschini” e “sciocchi”. A fronte delle richieste del giornale di avere con maggiore anticipo le vignette per poterle revisionare, Bell si è lamentato dicendo a PressGazette che gli orari sarebbero diventati troppo difficili da sostenere. Già in passato Steve Bell aveva subito accuse di antisemitismo e di aver rappresentato false credenze contro gli ebrei: in particolare una vignetta di Netanyahu del 2012 era stata accusata di rappresentare lo stereotipo del “burattinaio” mentre una vignetta del 2018 di un medico palestinese ucciso era stata accusata di evocare l’immagine delle camere a gas dei campi di concentramento (il Guardian in questo caso si rifiutò di pubblicarla). Le sensibilità sull’antisemitismo sono molto alte negli ambienti progressisti britannici – di cui il Guardian è un riferimento – dopo che il partito laburista era stato oggetto di critiche molto fondate in questo senso.

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