domenica 16 Gennaio 2022

I giornali, bene di lusso

La complicata discussione sulla necessità di finanziare con soldi dello stato il servizio pubblico svolto dai mezzi di informazione, ha come principale argomento a favore l’incapacità – negli ultimi due decenni – dei mezzi di informazione privati di sostenersi economicamente e continuare a svolgere questo servizio (il principale argomento contro è che non è possibile vincolare i finanziamenti a una qualità condivisa e assoluta del servizio). Ma c’è un altro argomento, che questa settimana è stato di nuovo ricordato negli Stati Uniti, dopo che Ben Smith e Justin Smith hanno annunciato il loro progetto di un giornale online come destinato a élite culturali e sociali. Ne parlammo in una delle prime newsletter di Charlie:
C’è un articolo interessante e inquietante sul bimestrale americano Current Affairs che spiega come a peggiorare il problema della diffusione di informazioni false, di propaganda, non verificate, si aggiunga quella che in realtà è negli ultimi anni diventata la prospettiva più preziosa per la sopravvivenza dell’informazione di qualità: ovvero tornare a fare pagare i lettori.
Il risultato indesiderato dello spostamento verso le formule di abbonamento è che oggi la gran parte dei giornali più autorevoli e affidabili si possono leggere solo, o in gran parte, pagando: mentre intorno rimane gratis a disposizione di tutti un’enorme quantità di informazioni mediocri, false, pericolose.
L’articolo è intitolato “La verità è a pagamento, ma le bugie sono gratis””.

Dell’altro argomento ha scritto il sito Axios, raccogliendo pareri preoccupati sul fatto che l’informazione di qualità rischi di diventare un servizio per chi se la può permettere, lasciando le maggioranze con minori risorse economiche e minore istruzione a fonti di informazione mediocri: e che questo ancora di più la assimili a quei “servizi pubblici” (l’istruzione, i trasporti, la sanità) che lo stato è abituato ad assicurare ai suoi cittadini, finanziandoli. Resta il problema di come finanziare una “buona” informazione e distinguerla da quella che non lo è.
Un’alternativa non praticabile da tutti – i modelli sono molto diversi tra loro per natura e dimensione – è quella che segnalammo allora su Charlie.
“La terza via, ma di cui non è ovviamente garantito il successo per tutti (è legata a un investimento molto intenso e dedicato al rapporto di fiducia e complicità coi lettori) è quella adottata dal Guardian – e dal Post, incidentalmente – che ha costruito un sistema di “abbonamenti” senza paywall: in cui gli abbonati sostengono il giornale senza esservi costretti e senza che gli articoli – e la possibilità di essere meglio informati – siano preclusi agli altri lettori”.

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