domenica 9 Marzo 2025

Come si sostiene Artribune

Artribune è un giornale online di arte e cultura fondato nel 2011 da Massimiliano Tonelli, che ne è direttore. Il giornale è edito da Artribune srl, di proprietà di Paolo Cuccia, presidente di Gambero Rosso ed ex direttore dell’EUR.
Artribune ha sempre affiancato alla sua attività online la pubblicazione di un giornale freepress bimestrale, distribuito con una tiratura di decine di migliaia di copie in oltre 700 punti in tutta Italia (musei, librerie indipendenti o fiere d’arte, soprattutto). Tonelli ha detto a Charlie che “una rivista lascia degli spazi per articolare un contenuto in maniera diversa rispetto al web, con mappe, approfondimenti, infografiche e illustrazioni che funzionano meglio sulla carta”. La freepress di Artribune rappresenta all’incirca il 15% del fatturato del giornale (che si avvicina al milione e mezzo di euro) ed è sostenuto da pubblicità e collaborazioni con grandi uffici internazionali turistici o culturali. Proprio rispetto a queste collaborazioni, Tonelli ritiene il giornale uno strumento più elastico: “il web è talmente complesso e costoso dal punto di vista tecnico che fare un progetto editoriale su carta è molto più veloce ed economico. Se poi vediamo che su un numero abbiamo meno pubblicità e rischia di andare in perdita, possiamo optare per una foliazione più bassa”.

La principale fonte di costi e di ricavi di Artribune è però il sito web, che è stato recentemente rinnovato con un investimento di 110mila euro, parzialmente finanziato tramite fondi europei. Pur essendo convinto che il futuro del giornalismo sia rappresentato dagli abbonamenti, Tonelli ha detto che a livello economico gli abbonati (poco più di mille) rimangono qualcosa di molto marginale per Artribune, anche perché finora un abbonamento permette solamente di ricevere a casa il giornale e non dà accesso a nessun contenuto digitale dedicato. Anche il sito, quindi, si sostiene principalmente grazie agli inserzionisti, che sono per metà i grandi clienti di Artribune, come la banca Intesa Sanpaolo o alcuni brand di moda, e per l’altra metà un gruppo numeroso di piccole associazioni culturali e università.

Negli ultimi anni, Artribune ha puntato anche su altre fonti di ricavo, come la formazione, emulando altri giornali che se ne occupano da tempo, e la consulenza per i grandi sviluppatori immobiliari che vogliono riqualificare edifici abbandonati attraverso l’arte pubblica.

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