domenica 28 Settembre 2025

Charlie, tornare ai propri posti

C’è un po’ un’impressione che si sia chiuso un periodo di opportunità creative individuali, non solo nei progetti giornalistici: forse non “chiuso”, ma che le cose si siano più normalizzate. Nei primi due decenni di questo secolo i cambiamenti tecnologici e digitali hanno travolto settori, azzerato competenze, creato spazi e modi di fare le cose completamente diversi nei quali sono nate possibilità nuove anche per chi non avesse esperienze e risorse economiche precedenti e articolate. Anzi, spesso buone idee e sensibilità personali sulle innovazioni in corso hanno permesso a singoli aspiranti autori o imprenditori di avviare progetti competitivi e addirittura vincenti nei confronti di grandi strutture radicate e apparentemente solide: e questo è avvenuto anche con le imprese e i progetti giornalistici, grandi e piccoli.

Negli ultimi anni, però, il panorama è diventato affollatissimo, l’offerta enorme, gli spazi sono stati occupati da ricostituiti grandi poteri economici e commerciali, e il tempo a disposizione degli utenti potenziali è rimasto lo stesso (internet ha reso infinito lo spazio, ma non il tempo). Una intuizione preveggente e brillante oggi è più facile che venga sviluppata dentro Google, Meta o al New York Times piuttosto che in un garage o in un blog. E questo scenario sta entrando nelle consapevolezze delle generazioni più giovani, che a differenza di quelle che le hanno precedute non si trovano davanti mondi da inventare e opportunità inedite da sfruttare ma una situazione simile a quella di quarant’anni fa: in cui ambizioni e creatività possono svilupparsi quasi soltanto al servizio di progetti e strutture esistenti e forti. Sono progetti e strutture diversi, ma hanno ricostruito una condizione di forza che per un periodo era stata terremotata, e sulle cui macerie erano cresciute non solo imprese impensate, grandi e piccole, ma una sensazione di poter sperimentare, costruire, inventare, con grandi libertà e autonomie. L’inclinazione a inventarsi cose proprie e inesistenti si è attenuata, per saturazione e perché molte acque si sono richiuse. Niente di drammatico: il mondo era così anche prima, e anzi, c’è da rallegrarsi di avere attraversato una ricreazione tanto straordinaria e fertile. E poi magari succederà di nuovo, di nuovo imprevisto.

Fine di questo prologo.

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