domenica 16 Aprile 2023

Charlie, se ci sono di mezzo i soldi

Una complicata e ancora misteriosa storia intorno alla chiusura del programma televisivo “Non è l’arena” sulla rete La7 ha occupato molto spazio sui giornali nei giorni passati: un po’ perché ha appunto elementi misteriosi, un po’ per la notorietà del suo conduttore, un po’ perché alcune delle cose misteriose sono in relazione con una delle accuse più gravi che hanno riguardato la politica italiana degli ultimi decenni, quella intorno a delle relazioni tra un ex presidente del Consiglio e delle organizzazioni mafiose. Ma c’è un aspetto giornalistico che è uno spunto interessante per questa newsletter: un sospetto è che una fonte di rivelazioni in questo senso sia stata pagata irregolarmente dal programma per parteciparvi. In molti hanno spiegato come sia abituale che i programmi televisivi italiani paghino gli ospiti più preziosi, che siano giornalisti/opinionisti oppure persone che possono offrire racconti e rivelazioni eccezionali (l’accusa è che in questo caso ci siano stati pagamenti “in nero”). Ma la scelta di pagare le fonti, in un’attività giornalistica, non è così ovvia: in altri paesi è considerata contraria all’etica delle testate più autorevoli, mentre giornali più screditati e scandalistici ne fanno largo uso. Il rischio è quello di far perdere attendibilità e credibilità alla fonte e a ciò che racconta, dal momento che le sue rivelazioni eventuali acquisiscono un valore economico (e l’investimento indebolisce la disponibilità di chi paga a mettere in dubbio le rivelazioni raccolte). In un tribunale l’informazione che un testimone sia stato pagato per dire quello che dice lo screditerebbe molto, e questo vale anche in una testimonianza a un giornale.
Tutto questo ci porta alla sfuggente collocazione dei talk show televisivi italiani, la cui aderenza a dei criteri etici di informazione è molto intaccata dalle priorità di audience e protagonismo dei loro conduttori e autori. Se una fonte viene pagata per dire cose che faranno notizia, diventa più problematico considerarlo giornalismo.

Fine di questo prologo.

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