domenica 19 Febbraio 2023

Charlie, sapere di non sapere

I giornali sono luoghi di lavoro come gli altri, sotto molti aspetti, e i loro funzionamenti e risultati dipendono spesso da meccanismi molto più comuni e incontrollati di quelli che certe dietrologie a volte attribuiscono loro. Le inadeguatezze di certo lavoro giornalistico, per esempio, dipendono da inadeguatezze di preparazione delle persone o delle redazioni che lo producono, molto più che da volontà di forzare la realtà o di influenzare le opinioni dei lettori. Lo ha stabilito anche una ricerca interna di BBC sull’imparzialità del proprio servizio di informazione, che ha dedicato buona parte delle proprie attenzioni a come vengono raccontate le questioni economiche: ha molte cose interessanti, e parlando per esempio delle ingannevoli spiegazioni sul debito pubblico conclude che “alla radice non c’è una partigianeria ma una conoscenza insufficiente delle scelte e del dibattito in proposito. In poche parole, il debito pubblico è un tema controverso. Nel periodo studiato sembra che troppi giornalisti di BBC non ne sapessero abbastanza”. La ricerca prosegue spiegando che l’unica difesa da errori di questo genere è la consapevolezza da parte dei giornalisti dei propri limiti di competenza (la dote maggiore di moltissimi giornalisti è la duttilità, la capacità di dedicarsi agli argomenti più diversi, che inevitabilmente limita la specializzazione) e la resistenza all’inerzia di affidarsi solo alle proprie esistenti e sommarie conoscenze. Buoni giornalisti sono giornalisti che conoscono le proprie ignoranze e studiano continuamente, se i loro giornali gliene danno il tempo e le motivazioni.

Fine di questo prologo.

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