domenica 7 Aprile 2024

Charlie, risolvere alla radice

C’è un discreto allarme nelle aziende giornalistiche del Regno Unito – e un preallarme in quelle del resto del mondo – dopo che Google ha deciso di avviare una sperimentazione nell’offrire agli utenti dei risultati per le loro ricerche creati dalle “intelligenze artificiali”. In sostanza, cercando per esempio “come sturare un lavandino” una piccola comunità di utenti coinvolti nella sperimentazione visualizzerà direttamente sulla pagina di Google una risposta creata appunto da una AI. L’allarme si deve al fatto che fino ad ora a quegli stessi utenti viene invece offerta una lista di link a siti che ospitano articoli dedicati a quella domanda: e gli editori dei siti di news sono preoccupati che questo tolga loro ulteriori quote di traffico in arrivo da Google. Per fare un esempio più “giornalistico” (ma molte testate ospitano consigli anche del genere del lavandino, proprio per sfruttare le ricerche su Google), se oggi scriviamo su Google “chi ha vinto le elezioni in Abruzzo” i primi due risultati sono del sito Pagella Politica e di quello del Corriere della Sera. Se Google affidasse la risposta a una AI, questa saprebbe probabilmente darla correttamente (attingendo alle informazioni disponibili online), sottraendo quel traffico a quei due siti.

L’esperimento britannico segue quello iniziale negli Stati Uniti: da Google hanno spiegato che si tratta appunto di un esperimento, per valutare eventuali errori ed effetti indesiderati, e che c’è una grande attenzione sulla scelta delle domande più “innocue” a cui dare risposta in questo modo: attenuando il rischio di conseguenze indesiderate o pericolose nelle risposte create dalle AI.

Ma che questo potenzialmente possa far perdere visitatori, e ricavi pubblicitari, ai siti di news è piuttosto ovvio, e per questo gli editori stanno già protestando. Il paradosso – rivelatore delle contraddizioni dei tempi, e di certe ipocrisie – è che la protesta per le minori visite indirizzate ai siti di news avviene parallelamente a quella per i ricavi ottenuti da Google indirizzando visite ai siti di news. Le intelligenze artificiali non solo toglierebbero a questi ultimi traffico, ma anche l’opportunità di chiedere compensi e rimborsi per l’uso dei loro contenuti. Rivelando, come su Charlie si è spesso detto, che quest’ultima questione è una questione di redistribuzione della ricchezza a favore dell’impoverito servizio pubblico giornalistico, e non di “diritti”.

Fine di questo prologo.

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