domenica 3 Marzo 2024

Charlie, molto più informati

Il New York Times ha pubblicato un ritratto di uno dei più precoci esperti di cambiamento digitale del giornalismo al mondo: Roger Fidler lavorò già negli anni Ottanta a progetti di lettura dei giornali su supporti digitali e apparecchi precursori dei tablet, facendo esperimenti e studi per conto della grande azienda giornalistica Knight Ridder (che pubblicava 32 quotidiani negli Stati Uniti e che ora non esiste più). La storia è affascinante, ed è affascinante la sua sintesi di come la visione di Fidler e la lungimiranza della sua azienda non seppero prevedere un elemento rivoluzionario che rese insufficienti le loro visione e lungimiranza: internet.
Ma l’autore dell’articolo David Streitfeld dice anche una cosa interessante e rassicurante, da ricordare a chi di noi pensi che le cose siano peggiorate, mentre sono 
cambiate , e in quel cambiamento c’è di tutto.

“In molti posti non c’è più o è raro un giornalismo locale affidabile. Ma c’è invece una varietà di notizie estere, nazionali e culturali accessibili online assai più estesa di quella che le generazioni precedenti potevano trovare stampata su carta. Pur con tutta la celebrazione dei vecchi tempi, se vivevi in una città con un quotidiano mediocre – e ce n’erano – l’accesso al giornalismo di qualità era difficile.
«Fondamentalmente ci si è aperto il mondo. C’è tantissimo buon giornalismo in giro», dice David Mindich, professore di giornalismo alla Temple University: «se vent’anni fa mi aveste detto “arriverà una generazione che ascolterà lunghi contenuti audio”, avrei risposto “la soglia di attenzione sta diminuendo, non credo sia possibile”. E invece è successo».

Certo, qualcuno può pensare fosse meglio quando sapevamo meno cose. E qualcuno invece no.

Fine di questo prologo.

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