domenica 23 Novembre 2025
«You cannot play defense», ha detto Luke Bradley-Jones, presidente dell’azienda che pubblica il settimanale britannico Economist , il newsmagazine internazionale che ha più conservato autorevolezza e sostenibilità economica in questi decenni di crisi delle riviste periodiche. “Non si può giocare in difesa” suona un po’ slogan banale da t-shirt o da discorso motivazionale, ma è meno ovvio e condiviso di quanto sembri, a guardarsi in giro. I progetti giornalistici che hanno avuto successo, da quando il grosso dei progetti giornalistici è in crisi, sono quelli che hanno affrontato il cambiamento non cercando di resistere alla crisi e di attenuarne gli effetti ma quelli che hanno provato a capire come si potesse affrontare e sfruttare il cambiamento. Primi fra tutti quelli che hanno capito che la “transizione digitale” non era solo uno spostamento di contenuti dalla carta a internet, ma uno spostamento dei ricavi dalla carta a internet: ma anche quelli che hanno costruito nuovi strumenti, nuove identità, nuovi progetti piuttosto che mettere tutte le proprie energie nel “giocare in difesa” (cercando di trattenere sulla carta i lettori che se ne vanno dalla carta, cercando di farsi dare dei soldi dalle piattaforme che tolgono loro lettori, cercando di ottenere contributi pubblici, cercando di dare maggiori spazi e maggiore potere alla pubblicità declinante, perdendo autorevolezza pur di non scontentare un ridotto pubblico di lettori irritabili). In difesa ci giochi quando sei in vantaggio: se sei sotto, cambi gioco.
Fine di questo prologo.
Charlie è la newsletter del Post sui giornali e sull'informazione, puoi riceverla gratuitamente ogni domenica mattina iscrivendoti qui.