domenica 25 Maggio 2025

Charlie

Il dibattito probabilmente più interessante tra i tanti che riguardano i destini dei grandi giornali internazionali in questi anni è quello tra due opinioni e tendenze opposte rispetto ai tempi difficili per le democrazie e per le convivenze: entrambe le opinioni hanno buone ragioni, e questo rende il dibattito interessante, a differenza di altri in cui è più facile schierarsi. Una ritiene che il giornalismo debba proteggere certi valori democratici e liberali condivisi non facendosi travolgere dalle faziosità, partigianerie e divisioni che crescono ovunque, e mantenendosi modello di correttezza, credibilità e servizio al bene comune. L’altra sostiene che le minacce eccezionali ai principi che ritenevamo condivisi e ai sistemi democratici abbiano bisogno di difese e impegni eccezionali, e prese di posizione chiare e manifeste, a costo di esibire uno schieramento. La prima sembra una corretta posizione di principio e tutela dei principi, la seconda sembra una necessaria scelta di efficacia; la prima può sembrare più debole, la seconda può sembrare venir meno ai principi.

Ma c’è anche una simile contrapposizione di scelte, tra i giornali, che non deve essere confusa con questa, e che ha ragioni commerciali piuttosto che etiche: è quella che il direttore del Corriere della Sera ha descritto in un intervento al Salone del Libro di Torino con l’espressione “giornalismo intruppato”, che Luciano Fontana ha spiegato essere prevalente ma da cui lui vuole tenere fuori il Corriere : «Chi non prende posizioni forti ideologiche allora è connivente ed è un venduto, questa è una cosa che mi fa molto soffrire». Il riferimento è al fatto che effettivamente, in misure diverse, quasi tutti i quotidiani italiani maggiori sono più quotidiani “d’opinione” che “di informazione” (e in diversi casi “di propaganda): Corriere della Sera Sole 24 Ore fanno moderatamente eccezione, affidando l’orientamento dei propri lettori a messaggi meno espliciti; Stampa Repubblica lo sono in una forma vistosa ma composta nella forma; FattoGiornaleLibero Verità più aggressivamente e con rivendicata esibizione di una “linea da dettare” ogni giorno, versione contemporanea degli organi di partito.

Dove il partito, di questi tempi, è diventata per tutti la sostenibilità economica, e quindi il consenso dei preziosi lettori paganti e abbonati da una parte, e quello dei propri preziosi editori dall’altra (poi c’è la pubblicità, che orienta altri tipi di opinioni, sugli acquisti e sulle spese): sono le tre dipendenze di cui parlammo qui, e che influiscono sulle scelte di tutti. Anche dei giornali apparentemente “non intruppati”, scelta a sua volta influenzata da una lettura diversa di queste dipendenze: c’è una parte di pubblico che le proprie opinioni le vuole leggere meno urlate. È per questo che il confronto sul ruolo del giornalismo descritto all’inizio di questo prologo è poco vivace, da noi: perché le necessità commerciali – legate alla soddisfazione delle partigianerie identitarie di cui siamo vittime tutti – prevalgono su quelle etiche.

Fine di questo lungo prologo.

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