domenica 19 Settembre 2021

BBC in ostaggio

Come dicevamo la settimana scorsa, la rete televisiva pubblica BBC – che fornisce uno dei servizi giornalistici più illustri e famosi nel mondo (BBC News), ma oggetto anche di polemiche e critiche da sempre nel suo paese, come accade da noi con la RAI – è in tempi particolarmente difficili. I paesi occidentali, e anche il Regno Unito, vivono da diversi anni tensioni e divisioni ideologiche che mettono a rischio anche le istituzioni democratiche più condivise, e tra queste l’informazione. Il governo britannico attuale è particolarmente incline – a cominciare dal suo premier – all’attizzamento di queste divisioni, e all’usare il vittimismo nei confronti dei media non vicini come arma di propaganda. Le difficoltà economiche dei media rendono le aziende dipendenti dai contributi pubblici particolarmente influenzabili e deboli.

In questo contesto la polemica di questi giorni – che è iniziata alcuni mesi fa – è intorno alla conferma della nomina di Jess Brammar a “executive editor”, ruolo equivalente a quello di un direttore (anche se le dirigenze di BBC News hanno maggiori articolazioni e complessità). Brammar era stata direttrice dello HuffPost britannico ed è da prima dell’estate che la proposta della sua nomina ha scatenato attacchi personali e velenosi (e pressioni dentro l’azienda per accantonarla) per alcune opinioni espresse in passato da Brammar contrarie a Brexit e critiche con Boris Johnson: tutte nella norma di quello che qualunque giornalista esprime nel corso della sua carriera. Ma per i suoi critici e per la maggioranza di governo intenzionata a fare pressioni su BBC accusandola di troppa partigianeria, la nomina stessa è un ottimo investimento per il futuro.

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