domenica 22 Ottobre 2023

Altra parte in guerra

Ma da che molta parte dell’informazione sta naturalmente circolando attraverso le condivisioni da parte degli utenti dei social network, anche le responsabilità di questi ultimi è cresciuta molto e viene molto discussa: una parola non nuova ma molto circolata in queste due settimane è OSINT, che significa “open source intelligence”. Può riferirsi a molti piani diversi e nasce all’interno di servizi di intelligence, ma è stata estesa a ogni lavoro di indagine e ricostruzioni basata su dati a disposizione, che può essere compiuto da servizi ufficiali e professionali, da imprese giornalistiche, ma anche da studiosi o occasionali osservatori, proprio perché si basa sulla raccolta di informazioni e dati accessibili con nessuno o poco impegno: generando naturalmente risultati più affidabili quando l’impegno di raccolta e analisi dei dati è maggiore e non superficiale.
John Burn-Murdoch, che è “chief data reporter” del Financial Timesha pubblicato mercoledì una serie di tweet riflettendo sull’impreparazione di molte redazioni tradizionali nei confronti di questo genere di dati e del loro uso. Il sito 404 Media (che era nato quest’anno da un gruppo di fuoriusciti di Vice ) ha invece spiegato come molto di questo genere di lavoro sia compiuto a partire da moli enormi e spesso inaffidabili di dati, notizie e immagini disponibili in rete, generando confusione e ricostruzioni fuorvianti e false. In particolare per quello che sta succedendo in Palestina è in corso un’enorme diffusione di notizie false – spesso per ragioni di propaganda delle parti in causa, ma anche più generalmente per interessi e speculazioni di traffico online ed economiche – che genera a cascata superficiali ricostruzioni e versioni parziali e false dei fatti da parte di improvvisati utenti di OSINT.

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