15 persone, tra cui un importante avvocato e un magistrato, sono state arrestate perché avrebbero condizionato l’esito di alcuni procedimenti giudiziari

L'amministratore delegato Eni Claudio Descalzi durante la cerimonia di firma del memorandum Eni-Fca sulla mobilità sostenibile a Palazzo Chigi. Roma, 21 novembre 2017. (ANSA/ GIUSEPPE LAMI)
L'amministratore delegato Eni Claudio Descalzi durante la cerimonia di firma del memorandum Eni-Fca sulla mobilità sostenibile a Palazzo Chigi. Roma, 21 novembre 2017. (ANSA/ GIUSEPPE LAMI)

Quindici persone, tra cui un importante avvocato e un magistrato, sono state arrestate perché negli ultimi cinque anni avrebbero condizionato l’esito di alcuni procedimenti giudiziari sia in sede civile che penale. Le ordinanze di custodia cautelare sono state firmate dai gip di Roma e Messina e sono state eseguite in mattinata dalla Guardia di Finanza. I reati contestati agli indagati sono associazione per delinquere, corruzione, falso, intralcio alla giustizia.

L’avvocato coinvolto si chiama Piero Amara, ha 48 anni ed è originario di Augusta. Il magistrato è Giancarlo Longo, fino a qualche mese fa pubblico ministero alla Procura di Siracusa e poi trasferito al tribunale civile di Napoli dove, scrive Repubblica, sono in corso perquisizioni. Tra gli arrestati ci sono poi: Enzo Bigotti, imprenditore già indagato per il caso Consip, l’avvocato Giuseppe Calafiore, socio e collega di Amara, il professore universitario della Sapienza di Roma Vincenzo Naso.

Il giudice Longo secondo le accuse avrebbe ricevuto più di 80 mila euro in contanti e alcune vacanze in regalo per aver fatto gli interessi dell’avvocato Amara e dei suoi clienti. Longo avrebbe aperto dei procedimenti giudiziari fittizi per venire a conoscenza del contenuto delle indagini di altri colleghi e tentare quindi di inquinare alcune inchieste. Tra queste c’è anche quella aperta presso la procura di Milano contro l’amministratore delegato di ENI Claudio Descalzi, rinviato a giudizio un mese fa per la storia delle presunte tangenti pagate in Nigeria. Dice Repubblica:

«Amara (difensore di ENI) avrebbe messo su un tentativo di depistaggio facendo presentare alla Procura di Siracusa il suo amico Alessandro Ferrara che, nell’estate 2016, denunciò di essere stato vittima di un fantomatico tentativo di sequestro a Siracusa da parte di due nigeriani e un italiano interessati a sapere da lui notizie su un report che, di fatto, avrebbe provato un complotto internazionale per far fuori Descalzi ordito dai servizi segreti nigeriani in combutta con ambienti finanziari italiani e con alcuni consiglieri del cda di Eni. Ad aprire il fascicolo, che gli diede la possibilità per mesi di scambiare informazioni con il collega di Milano Fabio De Pasquale fu proprio il pm Giancarlo Longo».

Il Fatto ha spiegato che i metodi usati da Longo erano tre:

«Creazione di fascicoli “specchio”, che il magistrato “si auto-assegnava – spiegano i pm che hanno condotto l’inchiesta – al solo scopo di monitorare ulteriori fascicoli di indagine assegnati ad altri colleghi (e di potenziale interesse per alcuni clienti rilevanti degli avvocati Calafiore e Amara), legittimando così la richiesta di copia di atti altrui, o di riunione di procedimenti; fascicoli “minaccia”, in cui “finivano per essere iscritti – con chiara finalità concussiva – soggetti ‘ostili’ agli interessi di alcuni clienti di Calafiore; e fascicoli “sponda”, che venivano tenuti in vita “al solo scopo di creare una mera legittimazione formale al conferimento di incarichi consulenziali (spesso, radicalmente inconducenti rispetto a quello che dovrebbe essere l’oggetto dell’indagine), il cui reale scopo era servire gli interessi dei clienti di Calafiore a Amara”».