6 belle canzoni dei Cranberries

In affettuosa memoria di Dolores O'Riordan, la loro cantante morta lunedì

Dolores O' Riordan in un programma della tv tedesca nel 2004 (Ingo Wagner/picture-alliance/dpa/AP Images)
Dolores O' Riordan in un programma della tv tedesca nel 2004 (Ingo Wagner/picture-alliance/dpa/AP Images)

È morta lunedì a Londra la cantante irlandese Dolores O’Riordan, famosa soprattutto per essere stata la cantante dei Cranberries, band di grande successo mondiale negli anni Novanta in particolare con i suoi primi due dischi. O’Riordan aveva 46 anni: dei Cranberries Luca Sofri, peraltro direttore del Post, suggerì queste sei canzoni nella sua raccolta Playlist, la musica è cambiata.

Cranberries
(1990-2003, Limerick, Irlanda)
Irlandesi, devoti agli arpeggi di chitarra e al rock, ma al posto di Bono avevano Dolores O’Riordan e i suoi gorgheggi (arpeggi, gorgheggi). Al secondo disco si portarono via tutto il montepremi. Poi ci vivacchiarono, e da un bel po’ non sanno nemmeno loro che intenzioni hanno, mentre Dolores fa da sola cose volatili.

Linger (Everybody else is doing it. So why can’t we?, 1993)
Già è bello lo sviluppo dell’introduzione. Ma è fantastica dove fa “duiuhéftu, duiuhéftu, duiuhéftu letillinghe…”. Pare che il ragazzo a cui Dolores diede il suo primo bacio l’abbia preso un po’ troppo alla leggera, e lei ci sia rimasta così male che ancora se lo ricordava parecchi anni dopo. La canzone andò forte in America, e allora se ne accorsero anche di qua dall’oceano.

Ode to my family (No need to argue, 1994)
E come facevano a non entrare in testa a mezzo mondo? Questa, già come inizia, è pura spietatezza acustica. Potrebbero fare un remix che fa solo “duddu-ruddù” tutto il tempo. È una cosa affettuosa verso la famiglia, l’andarsene, i tempi che furono e che inevitabilmente non sono più. “Dasèniuan cheeher, dasèniuan chee-her, dasèniuan chee-her…”.

Zombie (No need to argue, 1994)
“È la solita storia, dal 1916”. Dolores protesta contro la guerra civile in Irlanda (nel 1916 ci fu la Rivolta di Pasqua, tappa storica verso l’indipendenza irlandese mai portata a completamento), ma incidentalmente produce un tormentone fulminante: “what’s in your head, in your head…”.

No need to argue (No need to argue, 1994)
Andamento funebre, gran canzone da chiuderci un disco, e una storia che non ha più niente da dire, “è inutile discuterne ancora”.

When you’re gone (To the faithful departed, 1996)
Valzer! “And I miss you when you’re goone…”. La senti, e sei contento.

Just my imagination (Bury the hatchet, 1999)
“C’è stato un tempo in cui il venerdì sera andavamo a conquistare la città e poi si stava a letto fino alla domenica. Ce lo siamo sognato, o no?”. Qui il successo andava impallidendo, ma la canzonetta imbattibile la sapevano ancora fare.