Calenda e Renzi litigano sul canone RAI

Dopo averlo riformato Renzi avrebbe proposto di abolirlo, ma il ministro dello Sviluppo Economico non è molto d'accordo

Carlo Calenda, 15 dicembre 2017
(Roberto Monaldo / LaPresse)
Carlo Calenda, 15 dicembre 2017 (Roberto Monaldo / LaPresse)

Da qualche giorno sui giornali italiani si discute del canone televisivo, quello che viene comunemente chiamato canone RAI, e della proposta di abolirlo definitivamente. Con la legge di stabilità approvata nel dicembre del 2015 (durante il governo Renzi) il costo canone ordinario annuo era stato ridotto ed erano state apportate alcune modifiche alla modalità di pagamento: non più con il bollettino, ma attraverso un addebito nella bolletta elettrica, così che non fosse più possibile evaderlo.

Il 4 gennaio un articolo di retroscena di Repubblica firmato da Tommaso Ciriaco ha riportato un virgolettato di Matteo Renzi, segretario del Partito Democratico, che avrebbe detto: «Nella prossima direzione del PD proporrò l’abolizione del canone RAI», canone che lui stesso aveva riformato. E ancora: «Nella fase transitoria lo Stato dovrà supplire al canone trasferendo tra un miliardo e mezzo e due miliardi all’anno alla RAI. È la stessa cifra che chiedevamo ai cittadini con questa brutta tassa. Abbiamo già individuato i tagli di spesa necessari per questa operazione».

Di fronte a questa ipotesi e questa proposta per la prossima campagna elettorale il ministro dello Sviluppo Economico, Carlo Calenda, ha scritto un tweet molto critico:

E ha spiegato che non si può promettere in campagna elettorale il contrario di quello che si è fatto al governo:

A Calenda sono arrivate diverse risposte da alcuni esponenti del PD (come quelle del presidente del partito Matteo Orfini) e infine quella di Renzi stesso, che non parla direttamente di abolizione ma che non smentisce nemmeno l’articolo di Repubblica: