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  • Lunedì 30 ottobre 2017

Cos’è la storia di Hillary Clinton e l’uranio di cui parla Trump

Il presidente degli Stati Uniti l'ha definita il «Watergate dei nostri giorni», senza prove

(Alex Wong/Getty Images)
(Alex Wong/Getty Images)

Negli ultimi giorni negli Stati Uniti si è tornati a parlare di un vecchio caso che riguarda la vendita di una società canadese che si occupa dell’estrazione di uranio alla Russia, approvata nel 2010 dall’amministrazione Obama. Il caso, di cui il presidente degli Stati Uniti Donald Trump aveva parlato fin dalla campagna elettorale del 2016, è stato ed è tuttora usato dai Repubblicani per accusare Hillary Clinton di aver avuto legami con la Russia (ribaltando quindi l’accusa molto più concreta rivolta allo stesso Trump). È una storia piuttosto intricata e intorno alla quale alcuni siti e opinionisti conservatori americani hanno diffuso notizie false, e vale la pena spiegarla da capo.

Nel 2010 l’agenzia russa per l’energia nucleare, Rosatom, comprò la maggioranza delle azioni di Uranium One, una società canadese che aveva i diritti di estrazione sul 20 per cento dell’uranio negli Stati Uniti. La vendita fu approvata dal Comitato sugli investimenti esteri negli Stati Uniti (CFIUS), un organismo che si occupa di verificare le conseguenze sulla sicurezza nazionale degli investimenti stranieri negli Stati Uniti, e che è composto da nove rappresentanti di diversi dipartimenti del governo statunitense tra cui il Dipartimento di Stato, all’epoca guidato da Hillary Clinton.

Trump e alcuni Repubblicani hanno citato altri due episodi che secondo loro sono collegati alla vendita di Uranium One e proverebbero una collusione tra Clinton e la Russia. Il primo è la vendita della società UrAsia, che nel 2007 passò di proprietà tra Frank Giustra, un imprenditore canadese e finanziatore della Clinton Foundation, a Uranium One. Secondo il Washington Post in totale persone legate a UrAsia e Uranium One hanno donato alla fondazione Clinton 145 milioni di dollari. Il secondo episodio è il fatto che nel 2010 Bill Clinton abbia ricevuto 500mila dollari da una banca russa per fare una conferenza a Mosca.

La vendita di Uranium One alla Russia è usata da Trump come prova che Clinton avesse legami con la Russia, in risposta alle accuse che sostengono invece che sia stato il suo comitato elettorale ad avere avuto rapporti con la Russia. Negli scorsi giorni Trump ha sostenuto che il caso sia «il Watergate dei nostri giorni»: secondo questa tesi la Russia avrebbe finanziato indirettamente la Clinton Foundation in cambio dell’approvazione della vendita di Uranium One a Rosatom.

Ma mentre sui legami tra Trump e la Russia ci sono moltissimi indizi e sono in corso indagini ufficiali, le accuse contro Clinton sono prive di fondamento. La giornalista di MSNBC Joy Reid, per esempio, ha smontato le accuse durante un’intervista con la giornalista conservatrice Jen Kerns: come ha spiegato Reid, l’accordo fu approvato all’unanimità dai nove membri del CFIUS nessuno dei quali era Clinton. Soltanto il presidente degli Stati Uniti avrebbe avuto il potere di bloccare l’accordo nonostante l’approvazione del CFIUS. Reid ha anche spiegato che Giustra non possedeva più nessun azione di Uranium One quando Clinton era segretaria di Stato.

Gli stessi membri del CFIUS hanno spiegato che Clinton non ebbe niente a che fare con la vendita di Uranium One, e che se dovessero esprimersi nuovamente approverebbero di nuovo l’accordo all’unanimità. L’uranio estratto da Uranium One viene utilizzato per la produzione di energia nucleare, e non di bombe, e in ogni caso non può essere esportato perché una legge statunitense lo impedisce (con l’eccezione di una certa quantità che viene esportata in Canada per essere lavorata, ma che comunque viene poi riportata negli Stati Uniti).

La scorsa settimana il sito The Hill ha scritto che all’epoca della vendita di Uranium One l’FBI aveva raccolto prove riguardo un presunto sistema di tangenti messo in piedi da un funzionario di Rosatom per riciclare denaro attraverso una società di spedizioni americana, che si occupava anche di trasportare uranio per conto della Russia. Secondo i Repubblicani l’indagine dell’FBI avrebbe dovuto essere interpretata come un segnale d’allarme dal CFIUS e avrebbe dovuto bloccare la vendita di Uranium One a Rosatom. Non ci sono prove però che all’epoca i membri del CFIUS sapessero dell’indagine.

La scorsa settimana il Dipartimento di Giustizia, su pressione di Trump, ha autorizzato la testimonianza davanti al Congresso di un informatore dell’FBI a conoscenza dei dettagli sull’indagine sul sistema di tangenti. L’informatore, in pratica, dovrà spiegare se i funzionari del Dipartimento di Stato e gli altri membri del CFIUS sapessero dell’indagine dell’FBI, e se sia a conoscenza di un tentativo della Russia di ottenere l’appoggio di Hillary Clinton.

Sempre negli ultimi giorni Trump ha citato un altro caso per accusare Clinton di avere avuto legami con la Russia: si è infatti scoperto che il comitato elettorale di Clinton fu tra i finanziatori del dossier del funzionario di intelligence britannico Christopher Steele sui rapporti tra Trump e la Russia. Il dossier, quello che sosteneva che Trump fosse ricattato dalla Russia e che tra le altre cose parlava di presunti video che mostrerebbero pratiche sessuali di Trump, era stato compilato da Steele anche grazie ad alcuni informatori russi. Il dossier conteneva informazioni non verificate da agenzie di intelligence, nonostante l’accusa alla base sia la stessa delle indagini ufficiali condotte dall’FBI, e la stessa FBI lo abbia considerato interessante al punto da rimborsare le spese di Steele e poi mettere Obama e Trump a conoscenza della sua esistenza. Trump accusa quindi Clinton di aver avuto collusioni con la Russia, perché ha finanziato Steele che a sua volta ha pagato informatori russi per ottenere informazioni.