Forse non sapremo mai dov’è sepolto Gengis Khan

Perché lui stesso ha voluto che la sua tomba fosse nascosta, perché la Mongolia è molto grande e perché i mongoli non vogliono che la si cerchi

Gengis Khan in una miniatura del quindicesimo secolo (Wikimedia Commons)
Gengis Khan in una miniatura del quindicesimo secolo (Wikimedia Commons)

Gengis Khan, il condottiero e sovrano mongolo che all’inizio del tredicesimo secolo creò l’impero contiguo più vasto che sia mai esistito, non voleva che si sapesse dove sarebbe stata la sua tomba. Alla sua morte, un esercito portò il suo corpo in Mongolia e, per non lasciare tracce che avrebbero potuto tradire il segreto del luogo di sepoltura, i soldati uccisero tutti quelli che avevano incontrato sul loro cammino; una volta avvenuta la sepoltura, si dice che mille cavalli vennero fatti camminare sopra della tomba, per distrugge qualsiasi segno della sua presenza in superficie. Questa è una delle molte ragioni per cui gli archeologi, ancora oggi, non sanno dove si trovi la tomba la Gengis Khan e non riescono a trovarla: c’entra anche il fatto che Mongolia è enorme e poco popolata, e che i mongoli anche oggi non vogliono che la tomba di Gengis Khan sia trovata.

Un articolo di BBC racconta che secondo molti quest’ultimo fatto è dovuto a una diceria secondo cui la scoperta della sua tomba causerebbe la fine del mondo. Questa supposta credenza potrebbe essere stata ispirata alle circostanze in cui fu scoperta la tomba di Tamerlano, un re turco-mongolo che visse alla fine del quattordicesimo secolo: il luogo della sua sepoltura fu scoperto nel 1941 da un gruppo di archeologi sovietici e poco dopo i soldati nazisti invasero l’Unione Sovietica. Nel caso della tomba di Gengis Khan però potrebbero entrarci altre ragioni: i mongoli sono contrari a uno scavo per rispettare la volontà del loro antico sovrano, che in molti considerano un proprio antenato. Nel 1990 ci fu una spedizione archeologica per provare a trovare la tomba finanziata dal governo comunista mongolo e da quello giapponese: il progetto si chiamava Gurvan Gol, “Tre fiumi”, perché gli studiosi cercavano la tomba nella regione in cui Gengis Khan nacque, quella in cui scorrono i fiumi Onon, Kherlen e Tuul. Con la fine del governo comunista e l’introduzione della democrazia, però, le proteste dei cittadini bloccarono il progetto.

Nonostante la contrarietà dei mongoli, nel tempo ci sono stati vari tentativi di trovarla da parte di archeologi stranieri. Uno degli ultimi è stato il progetto Valley of the Khans, sponsorizzato dal National Geographic, che dal 2010 al 2014 ha coinvolto moltissime persone per cercare possibili siti della tomba usando immagini satellitari, una delle ultime novità dell’archeologia e in cui possono essere coinvolte anche comuni appassionati di storia. Più di diecimila volontari hanno passato quasi tre anni e mezzo a osservare immagini di seimila chilometri quadrati, cercando tracce di possibili siti archeologici, e le loro osservazioni hanno portato gli esperti a scegliere 55 luoghi da studiare sul campo con una spedizione.

Progetti come Valley of the Khans sembrano l’unico modo realistico per provare a trovare la tomba di Gengis Khan perché la Mongolia è vastissima, poco popolata (solo la Groenlandia e alcuni arcipelaghi molto isolati hanno una densità di popolazione più bassa) e poco sviluppata: ci sono ancora pochissime strade e gran parte del territorio è inaccessibile. Una strategia alternativa potrebbe essere quella di affidarsi al folclore. Ci sono alcune leggende secondo cui Gengis Khan sarebbe stato sepolto in cima a una montagna, il Burhan Haldun, che si trova a circa 160 chilometri a nord-est di Ulan Bator, la capitale della Mongolia. Da giovane Gengis Khan si era nascosto dai suoi nemici proprio su quella montagna, e secondo alcune fonti avrebbe voluto tornarci da morto. Burkhan Khaldun è una montagna sacra – per questa ragione, tra le altre cose, le donne non possono salirci – e fa parte del patrimonio dell’umanità dell’UNESCO.

Questa teoria però ha diversi buchi. Il primo è che non si sa dove esattamente sarebbe la tomba sulla montagna e il secondo è che non è detto che la Burhan Haldun di Gengis Khan sia effettivamente la Burhan Haldun “moderna”: secondo l’etnologo mongolo S. Badamkhatan ci sono cinque diverse montagne che in passato furono chiamate così. Infine la storia dei mille cavalli al galoppo suggerirebbe che Gengis Khan sia stato sepolto in una pianura e non su una montagna. A tutto questo si aggiunge il fatto che da quando, due anni fa, Burhan Haldun è entrata nel patrimonio dell’UNESCO, agli archeologi è stato proibito andarci.

Non è escluso che la tomba di Gengis Khan un giorno sarà trovata altrove e cercando altre cose. BBC racconta che la sepoltura del condottiero potrebbe essere molto simile a quella dei re del popolo nomade degli Xiongnu, che abitarono la parte centrale della Mongolia, in particolare la provincia di Arkhangai, dal terzo secolo a.C. al primo secolo d.C.. Secondo Diimaajav Erdenebaatar, capo del dipartimento di archeologia dell’Università di Ulan Bator, che sta facendo delle ricerche sulle tombe dei re Xiongnu, questo popolo è un antenato del popolo mongolo, cosa che pensava anche Gengis Khan. Per questa ragione le modalità di sepoltura dei mongoli potrebbero essere simili a quelle dei Xiongnu e la tomba di Gengis Khan potrebbe avere un aspetto simile a quelle dei loro re.

Le tombe dei re Xiongnu si trovano a circa venti metri sottoterra, all’interno di camere funerarie fatte di legno, e in superficie la presenza delle tombe è segnalata da alcune pietre disposte in forma quadrata. Una delle tombe trovate e studiate da Erdenebaatar conteneva manufatti di origine cinese e romana (una prova delle relazioni diplomatiche dei re Xiongnu e delle possibilità dei commerci dell’epoca) e probabilmente anche la tomba di Gengis Khan contiene simili tesori provenienti dai numerosi territori che formavano il suo impero: è una delle ragioni per cui gli archeologi vorrebbero tanto trovarla. Una tomba come quella dei re Xiongnu però sarebbe stata molto facile da nascondere: sarebbe bastato evitare di mettere le pietre in superficie.