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  • Giovedì 4 maggio 2017

Com’è andato il dibattito tra Macron e Le Pen

«Brutale e disordinato», scrivono i giornali: un «violento combattimento verbale», «una rissa all'americana»

Marine Le Pen e Emmanuel Macron in tv, Lione, 3 maggio 2017 (AP Photo/Laurent Cipriani)
Marine Le Pen e Emmanuel Macron in tv, Lione, 3 maggio 2017 (AP Photo/Laurent Cipriani)

Mercoledì 3 maggio c’è stato un dibattito televisivo tra i due candidati che hanno superato il primo turno delle elezioni francesi: il centrista Emmanuel Macron e la leader del partito di estrema destra Front National, Marine Le Pen. Il dibattito era anche l’ultimo prima del ballottaggio di domenica 7 maggio ed è stato, in generale, aggressivo e confuso dall’inizio alla fine. I giornali francesi dicono oggi che è stata una discussione che aveva ben poco di presidenziale, fatta di continue interruzioni, sorrisetti, insinuazioni; diversa dai precedenti dibattiti, solitamente sobri e misurati.

Nessuno dei due candidati (in particolar modo Macron) ha avuto la possibilità di spiegare bene le proprie proposte e il proprio programma: «Un dibattito brutale e disordinato», lo definisce Le Monde, un «violento combattimento verbale», dice il New York Times, «una rissa all’americana», commenta il Washington Post. Su diversi giornali si parla anche dei due moderatori «presi in ostaggio»: incapaci (nel peggiore dei casi) o impossibilitati (nel migliore) a intervenire e dare una direzione alla discussione. In questa confusione è complicato anche stabilire chi dei due candidati abbia “vinto”: secondo l’istituto Elabe il più convincente è risultato comunque Macron.

Il dibattito è cominciato alle 21 ed è stato trasmesso su TF1 e France 2. Le domande ai due candidati sono state poste dai giornalisti Christophe Jakubyszyn (TF1) et Nathalie Saint-Cricq (France 2). Sono state affrontate questioni economiche, sociali, di politica estera e il tema dell’Europa. La discussione è durata più di due ore e mezza.

APTOPIX France Election

(Eric Feferberg/Pool Photo via AP)

La prima a cominciare (per sorteggio) è stata Marine Le Pen e ha subito attaccato il suo rivale chiamandolo «uscente» e facendo notare come per lei sia l’erede dei cinque anni della presidenza Hollande (il presidente socialista uscente, appunto, molto poco apprezzato dai francesi): «Il signor Macron è la scelta della globalizzazione selvaggia, dell’uberizzazione, dell’insicurezza, della guerra di tutti contro tutti, della devastazione economica, compresa quella dei nostri grandi gruppi (…). I francesi hanno potuto vedere il vero Macron dopo il primo turno: la benevolenza ha lasciato il posto alla maldicenza, il sorriso studiato è diventato a mano a mano uno sberleffo, il beniamino del sistema e delle élite ha lasciato cadere la maschera». Di fronte a questo inizio il candidato di En Marche! ha risposto accusando Le Pen di essere a sua volta «l’erede di un nome, di un partito politico, di un sistema che prospera sulla rabbia dei francesi da tanti anni» e ha fatto notare come già nel discorso di apertura la sua rivale abbia «dimostrato» di non essere una campionessa di «esprit de finesse». L’ha infine accusata di non volere «un dibattito democratico, equilibrato e aperto».

Per tutta la durata del dibattito Le Pen ha chiamato Macron «ministro dell’Economia», «consigliere di Hollande», «pupillo del sistema e delle élite», «Hollande junior» e l’ha accusato di aver cercato di far dimenticare di «aver partecipato a un governo che ha attuato la legge El Khomri, una legge sulla precarietà del lavoro» che «ha creato un alto tasso di disoccupazione». Macron è di Amiens, ha studiato in scuole private, si è formato alla École nationale d’administration concludendo gli studi nel 2004, ha lavorato presso Rothschild & Cie Banque, una banca d’affari del gruppo Rothschild e dal 2006 al 2015 è stato iscritto al Partito Socialista. Macron era diventato ministro dell’Economia nel 2014, su indicazione del presidente francese François Hollande e aveva partecipato al governo che aveva fatto approvare una contestata riforma del lavoro attraverso il ricorso a un altrettanto criticato procedimento parlamentare, che permette di approvare una legge senza voto e discussione (il testo della riforma era stato presentato dalla ministra del Lavoro Myriam El Khomri). Macron è favorevole a mantenere in vigore la legge che ha liberalizzato il mercato del lavoro; Le Pen vuole invece abolirla e alzare le tutele sul posto di lavoro per i cittadini francesi.

Le Pen ha riassunto il senso del progetto del suo avversario dicendo: «Tutto è in vendita e si può comprare: comprese le persone». Macron ha a sua volta denunciato «l’agenda nascosta» di Le Pen spiegando che saranno «i nostri figli che pagheranno l’aumento del debito» che si produrrà se vincerà la leader del Front National. Le Pen ha infine accusato Macron di avere un conto offshore alle Bahamas: «Questa è calunnia», ha risposto lui.

I due hanno poi parlato di pensioni (Macron è per mantenere l’età pensionabile a 62 anni, Le Pen promette di ridurla a 60 anni) e di terrorismo: anche su questo tema i candidati si sono accusati a vicenda. Marine Le Pen ha detto che «sicurezza e terrorismo sono problemi importanti e assolutamente, totalmente assenti» dal progetto di Macron, colpevole di «essere compiacente sul fondamentalismo islamico». Macron ha risposto che chiudere le frontiere non è una soluzione, che per affrontare il terrorismo è necessario cooperare con l’Europa e che «la più grande speranza dei jihadisti è che Le Pen salga al potere in Francia, poiché loro cercano la radicalizzazione e la guerra civile che lei porterà nel paese».

Parte del dibattito è stata occupata dalla questione dell’uscita dall’euro e dai rapporti con la Russia: «L’euro è la moneta dei banchieri, non è la moneta del popolo, e questo è il motivo per cui è necessario riuscire a rompere con questa moneta», ha detto la candidata del FN difendendo il suo progetto di mantenere una moneta comune ma non unica, accanto a una moneta nazionale. Macron ha denunciato il paradosso di «una grande azienda che non potrà pagare in euro da una parte e pagare i propri dipendenti in franchi dall’altra» e ha ribadito la sua intenzione di rafforzare l’euro e la politica europea per difendere gli interessi dei francesi. «Lei è sottomesso alla Germania e all’Europa», ha commentato lei. In politica estera Le Pen ha affermato che è necessario mantenersi equidistanti sia dalla Russia che dagli Stati Uniti: «Noi non abbiamo alcuna ragione di condurre una guerra fredda con la Russia, noi abbiamo tutte le ragioni per stabilire invece con la Russia una relazione diplomatica e commerciale». Macron ha risposto che se Le Pen venisse eletta «il mondo non ci guarderebbe bene. L’immagine che voi date della Francia non è bella».

Il candidato di En Marche! ha più volte denunciato durante il dibattito le «sciocchezze» pronunciate da Le Pen, e spesso a ragione: Le Pen per esempio ha accusato Macron di aver contribuito come ministro alla vendita di alcune importanti società francesi, come la Società francese del radiotelefono, il secondo più importante operatore di telefonia mobile francese che è stato ceduto nel 2014 prima che Macron diventasse ministro. Le Pen ha poi criticato Macron per aver «venduto agli italiani» i cantieri navali di Saint-Nazaire. Questo gruppo privato era in realtà di una società sudcoreana quando è stato acquistato da Fincantieri, ma è vero che il governo francese (che ne deteneva ancora una quota) aveva dato il proprio via libera. Macron a quel punto della trattativa però non era già più ministro. Le Pen, per rassicurare su un’eventuale uscita dalla moneta unica, ha detto che l’economia del Regno Unito «non è mai andata così bene dopo Brexit» e sempre su questo tema ha fatto molte affermazioni che si sono rivelate o false o imprecise.

Parte del dibattito ha riguardato infine la GPA, la gestazione per altri, che è vietata in Francia. Macron non vuole modificare la legge, ma Marine Le Pen ha distorto la verità utilizzando le argomentazioni de La Manif pour tous, un movimento composto da associazioni pro-life, cattolici conservatori, tradizionalisti e esponenti di estrema destra. Il punto discusso negli ultimi mesi in Francia non è consentire o no la GPA nel paese, ma riconoscere la cittadinanza francese ai bambini e alle bambine nate da una gestazione per altri all’estero. Fino al 2015 la cittadinanza di questi bambini era stata data o non data a seconda dei tribunali. Una circolare dell’ex ministra della Giustizia, Christiane Taubira, aveva cercato di armonizzare queste decisioni in accordo con quella della Corte di giustizia europea. Nel suo programma Macron parla, appunto, di rispettare la legge europea, mentre La Manif pour tous sostiene che farlo significa riconoscere in Francia la GPA.