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  • Martedì 21 marzo 2017

Com’è andato il confronto tv in Francia

I cinque principali candidati alle presidenziali francesi hanno discusso molto dei loro programmi e poco delle inchieste giudiziarie, alla fine sembra sia andato meglio Macron

Marine Le Pen prima del dibattito (PATRICK KOVARIK/AFP/Getty Images)
Marine Le Pen prima del dibattito (PATRICK KOVARIK/AFP/Getty Images)

François Fillon, Benoît Hamon, Marine Le Pen, Emmanuel Macron e Jean-Luc Mélenchon, i cinque principali candidati alle elezioni presidenziali francesi del prossimo aprile, si sono confrontati in un dibattito televisivo di tre ore su TF1 lunedì 20 marzo. Secondo un sondaggio Elabe per BFM-Tv fatto dopo il dibattito, a convincere di più spettatori e spettatrici è stato Emmanuel Macron, candidato indipendente e leader di En Marche!, con il 29 per cento dei consensi, seguito dal leader della sinistra Jean-Luc Mélenchon al 20 per cento. La candidata del Front National, Marine Le Pen, e quello dei Républicains, Francois Fillon, sono arrivati entrambi al terzo posto, con il 19 per cento. Più in difficoltà, invece, il socialista Hamon che ha raccolto solo l’11 per cento dei sostegni. Le elezioni presidenziali si svolgeranno il prossimo 23 aprile e poi, il ballottaggio, il 7 maggio: da qui al primo turno ci saranno altri due dibattiti.

Nonostante più di tre ore di diretta, commenta Le Monde, «non è certo che i francesi ci vedano più chiaro in questa campagna piena di colpi di scena». Molti temi diversi sono stati affrontati in poco tempo e gli scandali giudiziari di cui si è tanto discusso nelle ultime settimane sono stati a malapena toccati («Con grande sollievo, probabilmente, di François Fillon e Marine Le Pen», dice Le Monde). Un altro dato: mentre ci si aspettava che gli altri quattro candidati concentrassero i loro attacchi contro Emmanuel Macron, che è avanzato molto nei sondaggi e che ora si trova praticamente alla pari con Le Pen al primo posto, questo non è accaduto. Il leader di En Marche! non è stato particolarmente brillante: è andato bene sulle questioni economiche e fiscali, «ma è uscito dal suo angolo solo per rispondere a qualche attacco di Marine Le Pen e Benoît Hamon che avevano a che fare con il suo rapporto con il denaro» e con i donatori della sua campagna elettorale.

Macron era a suo agio nel dare le risposte, ma lo è stato meno nello spiegare il proprio progetto. Secondo alcuni osservatori sembra essere rimasto prigioniero della propria posizione, quella cioè di non essere né di destra né di sinistra, oscillando da una posizione all’altra dando l’impressione di essere, in ogni caso, poco incisivo. Su questo ha pesato anche la mancanza di esperienza in questo tipo di incontri. Marine Le Pen, nonostante gli errori, le falsità e le approssimazioni che i suoi avversari non hanno mancato di sottolineare (ha detto ad esempio che in Francia c’è «un’esplosione dell’insicurezza», cosa non confermata dai dati), ha parlato invece del suo progetto in modo chiaro ed efficace con l’obiettivo di consolidare la base dei suoi sostenitori.

Jean-Luc Mélenchon ha fatto la stessa cosa usando spesso l’ironia, e Benoît Hamon è stato abile in alcuni momenti, ma discontinuo: ha attaccato Macron e Le Pen, ma si è dimostrato al limite della condiscendenza con gli altri candidati e con Fillon in particolare. Fillon è emerso poco durante la prima parte del dibattito e non è stato molto combattivo, come se avesse scelto la strategia di prendere il minimo rischio possibile. Se questo lo ha lasciato indietro in alcuni scambi, gli ha anche permesso di evitare diverse questioni per lui compromettenti. Per quanto riguarda le cose che sono state dette: poche sorprese e nessuna nuova proposta. François Fillon si è confermato come un sostenitore del rigore e del liberalismo, Marine Le Pen ha insistito sulla propria esperienza e sulle sue solite tematiche contro il “sistema” e i due candidati di sinistra, Hamon e Mélenchon, si sono trovati spesso d’accordo e si sono impegnati soprattutto per far emergere le loro rispettive differenze.

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Da sinistra: François Fillon candidato con il partito di destra Les Républicains, Emmanuel Macron del movimento liberale e centrista En Marche!, Jean-Luc Melenchon del partito di sinistra La France insoumise, Marine Le Pen del Front National di estrema destra e Benoit Hamon del Partito socialista, in posa prima del dibattito televisivo di TF1, Aubervilliers, Parigi, 20 marzo 2017 (PATRICK KOVARIK/AFP/Getty Images)

I candidati alle presidenziali francesi sono undici in totale, ma i cinque che sono stati invitati al primo dibattito sono quelli considerati favoriti dai sondaggi. I presenti, anche se avevano accettato le regole, non hanno mancato di criticare la decisione di fare una selezione in base ai sondaggi, nel loro discorso di apertura. Il più convincente è stato François Fillon: «Vorrei commentare l’organizzazione del dibattito: ci sono undici candidati, qui ce ne sono solo cinque e questo solleva una questione democratica». Dopodiché i candidati hanno risposto a domande che avevano a che fare con i temi sociali (istruzione, sicurezza, laicità, ma anche istituzioni e ambiente), poi con temi economici (protezione sociale, ruolo dello Stato, libero scambio) e, infine, con la politica internazionale (Europa e ruolo della Francia nel mondo).

Il dibattito è cominciato dall’istruzione: i candidati hanno fatto le loro proposte e non ci sono state molte discussioni. Nei cinque minuti previsti per questo tema hanno avuto il tempo di pronunciare i loro slogan, ma sono state poche le intenzioni concrete di riforma. I candidati sono stati poi invitati a commentare la proposta di François Fillon di abbassare l’età della responsabilità penale a 16 anni. Le Pen ha ricordato a Fillon che aveva già fatto questa proposta nel 2006, chiedendosi perché non l’avesse attuata quando era primo ministro. Tutti l’hanno comunque rifiutata. In materia di immigrazione, non ci sono state grandi sorprese. Ogni candidato ha presentato le principali proposte del proprio programma. Marine Le Pen, suggerendo che la Francia è un paese che sta per crollare sotto un flusso continuo di migranti, ha parlato di concedere soggiorno a 10 mila persone all’anno, senza spiegare come arrivare però a questa cifra (attualmente la Francia accoglie più di 220 mila migranti). François Fillon ha difeso la sua proposta di far votare ogni anno delle quote al Parlamento, Jean-Luc Mélenchon ha ricordato «la necessità di porre fine alle guerre» e di «favorire lo sviluppo» per agire alle radici delle migrazioni e Hamon ha detto a Le Pen che è una «drogata» di pagine di cronaca, con una «visione falsata».

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Benoit Hamon, candidato del partito socialista prima del dibattito organizzato dal canale TF1 a Aubervilliers, Parigi, 20 marzo 2016 (ELIOT BLONDET/AFP/Getty Images)

I primi veri scontri ci sono stati sulla questione della laicità. La protagonista è stata Marine Le Pen, dicendo che la laicità è stata trasformata in una pretesa di imporre un certo modo di vestire o di mangiare, e insistendo sull’ascesa del fondamentalismo islamico. Poi, rivolgendosi a Macron, ha detto: «Non si vuole vedere la reale gravità di ciò che sta accadendo nel nostro paese, ma resta il fatto che fino a pochi anni fa non c’erano burkini sulle spiagge: so che lei è a favore, signor Macron, ma non ce n’era nessuno». Macron l’ha interrotta dicendo di non aver bisogno di un ventriloquo: «Se voglio dire qualcosa è mia abitudine dirlo». Le Pen ha rilanciato: «Allora, cosa ne pensa del Burkini?». E Macron: «L’ho detto molto chiaramente (…) non ha nulla a che fare con la laicità, si tratta di una questione di ordine pubblico». Mélenchon è infine intervenuto dicendo a Le Pen che non si può certo istituire una «polizia dei vestiti per le strade» o «perseguire le persone che portano i capelli verdi» o che «hanno le gonne troppo corte o troppo lunghe».

A un certo punto, uno dei giornalisti che conduceva il dibattito ha timidamente introdotto la questione delle inchieste a carico di «alcuni candidati», senza nominarli, ed è stato richiamato all’ordine da Jean-Luc Mélenchon: «Quando si dice che la campagna elettorale è stata inquinata da alcuni affaires, mi dispiace, ma non riguarda me. Qui ci sono solo due persone coinvolte: il signor Fillon e la signora Le Pen. Ma noi non abbiamo nulla a che fare con questo, quindi non ci mettete sullo stesso piano». Mélenchon ha poi ripetuto le sue proposte in materia di trasparenza: «Chi viene condannato anche una sola volta deve essere ineleggibile a vita».

Fillon è stato risparmiato dai suoi rivali sulle accuse che lo riguardano. Fillon è stato formalmente accusato per malversazione di fondi pubblici: di aver cioè dato alla moglie Penelope un posto di lavoro fittizio come sua assistente parlamentare e di averla fatta assumere come consulente di un giornale di proprietà di un suo amico, incarichi per i quali Penelope Fillon avrebbe percepito 900mila euro senza lavorare. Fillon è anche sospettato di avere impiegato due dei suoi figli come avvocati per delle “missioni specifiche”, in un momento nel quale però i figli non erano neppure avvocati ma solo studenti di giurisprudenza. Gli attacchi su questo fronte sono arrivati solo più tardi, durante la discussione sulle finanze pubbliche. Benoît Hamon ha ripreso la proposta di Fillon di ridurre i dipendenti pubblici e ha aggiunto: «Lei è forte nella sottrazione, un po’ meno nell’addizione, quando si tratta del suo denaro».

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I giornalisti Gilles Bouleau e Anne-Claire Coudray che hanno moderato il dibattito su TF1, Aubervilliers, Parigi, 20 marzo 2017 (Patrick Kovarik/Pool Photo via AP)

Alla fine è stato Emmanuel Macron il bersaglio principali degli altri candidati sulle questioni “morali” della vita pubblica. Hamon ha parlato di «lobby industriali» che peserebbero, nel caso di una vittoria di Macron, sulle decisioni politiche e ha detto che la sua candidatura non è stata sostenuta da nessun grande gruppo, facendo un’allusione alle polemiche delle scorse settimane sui donatori di En Marche!. Macron ha risposto di aver fondato il suo movimento per «rinnovare la politica» e ha detto che tutte le donazioni che sono arrivate hanno rispettato la legge. «Mi fido di te», ha risposto Hamon, chiedendo tuttavia a Macron di prendersi l’impegno a dichiarare che tra i suoi sostenitori non c’erano manager delle aziende farmaceutiche o del petrolio. Le Pen ha colto il momento per dire che «questa campagna ha un vantaggio: si scopre che ci sono candidati che difendono interessi privati ​​di grandi gruppi e non gli interessi dei francesi. (…) Questo mi sconvolge: la porta girevole. Ci si forma nelle più grandi scuole della Repubblica per diventare funzionari, si diventa banchieri e poi si torna ad essere dei politici». Macron – che ha lavorato come dirigente per il ministero dell’Economia e per un breve periodo nella divisione francese della banca Rothschild – è stato accusato di fare gli interessi in Francia delle banche statunitensi, ma ha replicato che il conflitto di interessi è regolato dalla legge: «Quindi, signora Le Pen, la sua è diffamazione, oppure sia più specifica e si rivolga a un tribunale. Che farà il suo lavoro, come sta facendo con diversi altri candidati».

Per quanto riguarda l’economia e il lavoro, non ci sono state grandi sorprese: François Fillon ha denunciato «una situazione di disoccupazione inaccettabile che dura da 25 anni» e ha difeso la «libertà nel mondo degli affari» per quanto riguarda l’orario di lavoro; proposte simili a quelle di Emmanuel Macron, che propone di sottoporre la questione agli accordi di settore o aziendali. Benoît Hamon ha detto di essere «il candidato del lavoro» e delle «buste paga dignitose», introducendo la sua proposta sul cosiddetto “reddito universale”. Jean-Luc Mélenchon ha parlato della necessità di fare degli investimenti e Marine Le Pen ha difeso la sua visione di «patriottismo economico», ha parlato della necessità di lasciare la moneta unica e ha citato Brexit dicendo che sta dando «risultati formidabili». Su quest’ultimo punto ha replicato Macron con una domanda: «E allora perché quelli che hanno promosso il referendum poi sono andati a nascondersi?, sul ritorno al franco è intervenuto Fillon: «Il vero serial killer del potere d’acquisto dei francesi è Madame Le Pen con il ritorno al franco».

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Un tecnico sistema il microfono a François Fillon prima del dibattito tv, Aubervilliers, Parigi, 20 marzo 2017 (Patrick Kovarik/Pool Photo via AP)

Di questioni internazionali e terrorismo si è parlato poco, circa venti minuti. Marine Le Pen ha accusato Emmanuel Macron di «vuoto assoluto, siderale», e gli ha detto: «Ha un talento incredibile, lei è arrivato a parlare circa sette minuti e io non sono in grado di riassumere il suo pensiero, lei non dice nulla». Macron ha risposto che probabilmente Le Pen non ha capito che lui non vuole «scendere a compromessi con Putin», che a differenza di lei vuole «una politica incisiva ma responsabile» e che vuole «una Francia forte in Europa». Tutti i candidati, tranne Mélenchon, hanno sottolineato la loro volontà di aumentare il budget per la difesa entro il 2025. Infine, ogni candidato ha definito con poche parole le proprie linee per la presidenza: «alternanza» Fillon, «voto utile» Hamon, «indipendenza» Le Pen, «potere del popolo» Mélenchon e «rinnovamento» Macron.