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  • Mercoledì 8 febbraio 2017

Il rifugiato siriano del selfie con Angela Merkel ha fatto causa a Facebook

Facebook dice che non può controllare tutte le foto pubblicate dagli utenti, ma non è un argomento così convincente

di Karin Matussek – Bloomberg

Anas Modamani parla ai giornalisti fuori dal tribunale di Würzburg , in Germania, il 6 febbraio 2017 (Thomas Lohnes/Getty Images)
Anas Modamani parla ai giornalisti fuori dal tribunale di Würzburg , in Germania, il 6 febbraio 2017 (Thomas Lohnes/Getty Images)

Facebook ha detto a un tribunale tedesco di non essere in grado di controllare che tutti i post dei suoi utenti non contengano un linguaggio razzista, nell’ambito di una controversia sul fatto che avrebbe dovuto bloccare una foto che mostra la cancelliera tedesca Angela Merkel insieme a un rifugiato, ripresa in modo improprio da diversi post sul social network. «Ogni giorno vengono pubblicati miliardi di post», ha detto Martin Munz, un avvocato di Facebook, «voi pretendete che Facebook usi una specie di macchinario magico per rilevare ogni abuso: che però non esiste».

La causa contro Facebook è stata intentata dal profugo siriano 19enne Anas Modamani, che era diventato famoso dopo essersi fatto un selfie con Merkel. La foto era poi diventata un simbolo delle politiche sui profughi di Merkel. Lunedì Modamani si è presentato in un tribunale di Würzburg con il suo avvocato, sostenendo che Facebook ha l’obbligo di garantire che i suoi utenti non usino più la foto in modo improprio. In tribunale l’avvocato di Modamani, Chan-jo Jun, ha detto che molti utenti hanno pubblicato la foto sui loro profili aggiungendo frasi diffamatorie sul conto del suo cliente, comprese accuse false su un suo coinvolgimento in attacchi terroristici. La causa si concentra su fotomontaggio in cui si dice che Modamani avrebbe tentato di uccidere un senzatetto. La sentenza è prevista per il 7 marzo.

Dopo le elezioni presidenziali americane di novembre ci sono state pressioni affinché Facebook aumentasse gli sforzi per combattere la diffusione degli articoli che riportano informazioni false. Inizialmente il CEO della società, Mark Zuckerberg, aveva minimizzato la responsabilità di Facebook, per poi cambiare idea e creare delle soluzioni per affrontare il problema. In tribunale gli avvocati di Facebook hanno detto che il social network mette a disposizione uno strumento che permette agli utenti di segnalare contenuti illeciti affinché Facebook li rimuova. Jun ha fatto notare che nonostante Facebook avesse inizialmente rimosso un post che era stato indicato come abuso, non ha poi fatto altrettanto con tutte le foto segnalate. La società non avrebbe fatto niente per impedire che la foto venisse pubblicata di nuovo o per individuare altri utenti che l’avevano condivisa o a cui avevano messo un “mi piace”. La foto non è stata cancellata ed è riapparsa in altre parti del mondo, ha detto l’avvocato di Modamani, che si è anche opposto alla tesi secondo cui i post di Facebook sarebbero troppi per poter essere monitorati. «Non è che Volkswagen possa dire: “Ci dispiace, ma abbiamo costruito troppe auto e non possiamo garantire che siano tutte sicure”», ha detto Jun, «quando si tratta di seni o pedopornografia Facebook è perfettamente in grado di rilevare tutte le foto».

Contemporaneamente alla causa, le autorità dell’Unione Europea e il governo tedesco stanno aumentando la pressione nei confronti di Facebook e altri social network perché limitino la diffusione di contenuti diffamatori. Il governo di Merkel sta lavorando a una legge che obbligherebbe Facebook e gli altri social network a rispondere ai reclami e cancellare i contenuti in questione nel giro di 24 ore, pena il pagamento di sanzioni. Facebook ha rifiutato la proposta del tribunale tedesco di raggiungere un accordo pagando un risarcimento a Modamani, ma ha detto che prenderà in considerazione la seconda proposta di accordo fatta dal tribunale che prevede di bloccare la foto in tutta Europa. «Questa causa solleva molte questioni giuridiche complicate, e per questo abbiamo bisogno di tempo per riflettere», ha detto il giudice che presiede la causa Volkmar Seipel, «Inoltre, abbiamo lo svantaggio che nessuno dei tre giudici coinvolti nella causa è su Facebook».

© 2017 – Bloomberg