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  • Mercoledì 18 gennaio 2017

Come funziona, in pratica, un rimpatrio forzato

Anche per pochi immigrati ci vogliono decine di persone – tra agenti, medici e funzionari – e un aereo apposta, racconta Repubblica

 ANSA/ CARLO FERRARO
ANSA/ CARLO FERRARO

Vladimiro Polchi su Repubblica ha raccontato come funzionano in pratica i rimpatri forzati dei migranti irregolari arrivati in Italia, a partire dal rimpatrio di 29 tunisini avvenuto lo scorso maggio e che richiese l’impiego di 74 persone tra agenti di polizia, funzionari e medici, e il noleggio di un aereo apposta da parte del governo italiano.

Il piano di volo è da Fiumicino a Hammamet, con scali a Lampedusa e Palermo. L’aereo è un charter della Bulgarian Air affittato dal Viminale. I tunisini da espellere sono 29 e 74 gli accompagnatori: un funzionario della polizia di Stato, un medico, un infermiere, due delegati del Garante nazionale dei detenuti, 69 agenti di scorta non armati e in borghese. Fascette in velcro legano i polsi dei passeggeri. E poi: perquisizioni, carabinieri in tenuta anti-sommossa, riprese video delle operazioni, audizioni di due funzionari del consolato tunisino. Una spesa stimata in 115mila euro. Così il 19 maggio scorso sono stati riportati a Hammamet 29 migranti irregolari. Un rimpatrio forzato-tipo, raccontato in dettaglio da un rapporto del Garante dei diritti dei detenuti, che ben fotografa le difficoltà della macchina delle espulsioni.

Un passo indietro: il Viminale in queste ore prova a far ripartire il complesso meccanismo di contrasto all’immigrazione irregolare, fatto di Cie, accordi bilaterali ed espulsioni. Un sistema imponente che dà miseri frutti: nel 2016 i rimpatri sono stati meno di 6mila. Per questo, il ministro dell’Interno annuncia più Cie e nuovi accordi con i Paesi d’origine. Ma è l’iter stesso dell’espulsione a rivelarsi costoso e complesso. Lo dimostra bene il racconto di quanto avvenuto il 19 maggio 2016.

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