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  • Martedì 3 gennaio 2017

Chi era John Berger

Marco Belpoliti racconta su Repubblica le molte cose che ha fatto uno dei più importanti intellettuali del Novecento, morto lunedì

John Berger in una scena del documentario di Tilda Swinton "The Seasons in Quincy: Four Portraits of John Berger" (2016)
John Berger in una scena del documentario di Tilda Swinton "The Seasons in Quincy: Four Portraits of John Berger" (2016)

Il 2 gennaio è morto lo scrittore e critico d’arte inglese John Berger. Aveva 90 anni e da tempo era malato. Divenne molto noto nel 1972 quando condusse un programma per la BBC su come interpretare le immagini delle opere d’arte, Ways of Seeing, e vinse il Booker Prize, il più importante premio letterario britannico per il romanzo G.. Berger era anche pittore, poeta e drammaturgo; il Guardian lo ha definito “uno degli scrittori più influenti della sua generazione”. Oggi su Repubblica Marco Belpoliti ha raccontato la sua lunga carriera spiegando perché è stato così importante.

La sua ultima opera pubblicata in Italia s’intitola Smoke (Il Saggiatore) ed è un libretto che contiene una sola lunga frase accompagnata dai disegni di Selçuk Demirel, dove John Berger, accanito fumatore, tesse le lodi del fumo quale gesto condiviso, comunitario e non (come accade oggi), passione solitaria e individualista. Niente può essere più politicamente scorretto di un libretto così in tempi di proibizionismo, niente fa meglio capire immediatamente chi sia stato John Berger morto ieri poco più che novantenne. Un intellettuale controcorrente, prima di tutto. Ma anche un autore poliedrico, appartenuto alla generazione di Pier Paolo Pasolini e Roland Barthes, che si è interessato di arte, letteratura, poesia, filosofia, che ha praticato la pittura e il disegno, che ha scritto opere narrative come saggi sulla fotografia, su Picasso su Giacometti, su tutto ciò che gli uomini hanno fatto nel corso degli ultimi due secoli.

Ha cominciato come pittore, dopo la Seconda guerra mondiale, negli anni Quaranta, ma subito ha preso a scrivere recensioni di mostre e a occuparsi d’arte sui giornali, passando poi a opere narrative (come G., 1972, vincitrice del Booker Prize) ed essendo nel contempo un militante di sinistra. Per lui vale una frase di Elsa Morante che una volta ha definito lo scrittore come «un uomo a cui sta cuore tutto quanto accade, fuorché la letteratura».

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