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  • Venerdì 4 novembre 2016

“Per lei è perfetta la posizione del missionario”

È uno dei tanti commenti sessisti che i giocatori della squadra maschile di calcio di Harvard hanno fatto alle colleghe donne, e per i quali sono stati sospesi dal campionato

(AP Photo/Jimmy Golen)
(AP Photo/Jimmy Golen)

La Harvard University – una delle migliori università del mondo, in Massachusetts, Stati Uniti – ha sospeso la squadra di calcio maschile per il resto della stagione a causa dei commenti volgari e sessisti fatti dai giocatori nei confronti dei membri della squadra di calcio femminile. Lo scorso 24 ottobre l’Harvard Crimson, giornale dell’università, aveva pubblicato un articolo relativo a un documento risalente al 2012 in cui si commentava in modo volgare l’aspetto delle giocatrici e in cui si facevano illazioni sulle loro preferenze sessuali basandole sui ruoli in campo. La produzione di questo tipo di documenti, scrive il giornale, non era limitata al 2012 ma è proseguita anche negli anni successivi.

Il documento è stato chiamato dagli stessi atleti “scouting report”: era lungo nove pagine ed era a disposizione e consultabile sul Google Group degli atleti. L’autore della lista del 2012 valutava individualmente ogni giocatrice assegnandole un punteggio basato sull’attrazione fisica percepita e scrivendo per ciascuna alcune valutazioni sempre di natura sessuale, accompagnate con delle fotografie prese da Facebook o da Internet. A ciascuna ragazza era stata poi assegnata una “posizione” sessuale ipotetica legata al suo ruolo in campo. Qualche esempio: «Lei sembra relativamente semplice e probabilmente sessualmente inesperta: per questo credo che la sua posizione preferita sia quella del missionario»· Ancora: «Lei è il tipo di ragazza che si ama dominare, e le piace essere dominata». «The Triple Lindy», «doggy style» o «cowgirl» erano altre definizioni usate. L’autore inoltre assegnava a ciascuna ragazza un soprannome chiamandone una, ad esempio, “Gumbi” perché «il rapporto tra le sue gengive e i suoi denti è di circa 1 a 1». Non era la prima volta che si compilava quel documento: nella lista del 2012 si faceva riferimento al “report” dell’anno precedente. E la pratica è proseguita anche dopo il 2012.

La rettrice dell’Università, Drew Faust, ha spiegato che dopo un’indagine è emerso che quelle modalità e quegli atteggiamenti non erano isolati né a singoli elementi né a quel limitato periodo di tempo. Da qui la decisione di sospendere la squadra che attualmente è al primo posto della Ivy League, campionato che include le otto più prestigiose università private degli Stati Uniti. Il Direttore Sportivo di Harvard, Robert Scalise, ha anche detto che sarà avviata una collaborazione con l’ufficio interno di prevenzione contro la violenza sessuale per prendere anche altre misure nei confronti di tutti gli studenti-atleti. Scalise ha però precisato all’Harvard Crimson di non aver mai visto prima il documento e gli allenatori arrivati anche dopo il 2012 hanno detto di non saperne niente. Timothy J. Williamson, responsabile delle comunicazione per la sezione sportiva dell’università, si è rifiutato di dire se i “rapporti” sono proseguiti anche dopo il 2012.

Il 29 ottobre l’Harvard Crimson ha pubblicato un altro articolo intitolato “Stronger Together”, più forti insieme, con riferimento allo slogan e al tema della campagna elettorale di Hillary Clinton per la presidenza degli Stati Uniti. L’articolo è stato scritto e firmato da sei atlete della squadra femminile di calcio del 2012: «Siamo noi quelle di cui si parla». Le atlete raccontano che quando sono venute a sapere del report la loro prima reazione è stata di «sorpresa e confusione» e che poi hanno deciso di lasciar perdere «come se quello non fosse davvero un problema, come se non fossimo rimaste sorprese che gli uomini avessero parlato di noi in modo inappropriato. Come se quel genere di cose fosse semplicemente normale. La triste realtà è che ci si aspetta questo tipo di comportamento da tanti uomini». Alla fine hanno deciso di prendere l’iniziativa e di scrivere una lettera pubblica: «Siamo frustrate che questa sia una realtà che tutte le donne hanno dovuto affrontare in passato e che dovranno continuare ad affrontare per tutta la vita. Ci sentiamo senza speranza perché gli uomini che dovrebbero essere i nostri fratelli ci degradano in questo modo. (…) Siamo preoccupate per il futuro».

Nell’articolo le sei atlete fanno anche riferimento alle «chiacchiere da spogliatoio», formula usata da Donald Trump per giustificare le sue affermazioni fatte in un video del 2005 in cui si vanta di molestare le donne e di “prenderle per la fica”: «Le chiacchiere da spogliatoio non sono una scusa, perché questa modalità non si limita alle squadre sportive. Il mondo intero è uno spogliatoio (…) Infine, agli uomini della squadra di calcio di Harvard e a tutti gli uomini che in futuro sceglieranno di considerarci come oggetti sessuali, diciamo insieme: “Io posso offrire il mio perdono, che è, e per sempre sarà, l’unica parte di me che potrete mai rivendicare come vostra”».