Schiaparelli è arrivato su Marte

Ma non sappiamo in che stato: l'Agenzia Spaziale Europea è in attesa dei primi segnali dal suo lander a 175 milioni di chilometri da noi, la sonda TGO è regolarmente in orbita

di Emanuele Menietti – @emenietti

Il lander Schiaparelli sulla superficie di Marte, in un'elaborazione grafica (ESA)
Il lander Schiaparelli sulla superficie di Marte, in un'elaborazione grafica (ESA)

Oggi pomeriggio, poco prima delle 17 in Italia, il lander Schiaparelli dell’Agenzia Spaziale Europea (ESA) è atterrato su Marte nell’ambito della missione ExoMars, la più importante e ambiziosa organizzata dall’ESA dopo i successi ottenuti con la sonda Rosetta e Philae intorno alla cometa 67P. Schiaparelli ha viaggiato per sette mesi nello Spazio interplanetario in compagnia della sonda Trace Gas Orbiter (TGO), da cui si è separato il 16 ottobre per iniziare il suo avvicinamento a Marte. Il lander è sulla superficie del pianeta, ma l’ESA non è ancora riuscita a captare un suo segnale, quindi non sappiamo in quali condizioni si trova Schiaparelli e se il suo atterraggio controllato sia andato a buon fine. Atterrare su Marte non è per nulla semplice.

L’ESA ha comunque registrato un primo importante successo per la sua missione ExoMars: la sonda TGO ha eseguito correttamente le sue manovre per rallentare la sua corsa ed entrare nella giusta orbita intorno a Marte. Nella sera di mercoledì, il centro di controllo dell’Agenzia ha confermato che TGO è attiva e regolarmente in funzione. Potrà quindi comunicare con la Terra e se possibile con Schiaparelli, sul cui stato non si hanno ancora molti dettagli e decine di tecnici lavoreranno tutta la notte per provare a scoprirne le condizioni.

ExoMars
Il nome stesso della missione verso Marte riassume efficacemente gli scopi dell’iniziativa: “exo” deriva dalla parola inglese “exobiology”, la parte della biologia che contempla la possibilità che vi sia vita fuori dalla Terra e che cerca di indagarne la natura. Il progetto è diviso in due missioni spaziali: la prima, quella che è iniziata il 14 marzo scorso, ha permesso di inviare verso Marte la sonda TGO e Schiaparelli, che formalmente è un modulo dimostrativo di ingresso, discesa e atterraggio sul pianeta; la seconda è invece in programma per il 2020 e porterà su Marte un rover (robot automatico) per eseguire ricerche più approfondite. La seconda dipende strettamente dalla prima missione, perché sarà organizzata sulla base dei dati raccolti da TGO e Schiaparelli. Inizialmente era stata programmata per il 2018, ma sulla base dei tempi tecnici necessari per la sua preparazione, si è deciso di spostarla al 2020 sfruttando un’altra fase orbitale favorevole in cui Marte sarà più facilmente raggiungibile dalla Terra. ExoMars è realizzata in collaborazione con Roscosmos, l’agenzia spaziale russa.

exomars

TGO e Schiaparelli
La sonda TGO è in sostanza un satellite, il cui compito è orbitare intorno a Marte comunicando con la Terra. A bordo ha quattro serie di strumenti per analizzare l’atmosfera di Marte, studiandone le variazioni stagionali, la temperatura e altri parametri per capire come cambiano le caratteristiche atmosferiche e come influenza in generale il clima marziano. TGO misurerà anche la superficie di Marte e rileverà l’eventuale presenza di depositi di acqua ghiacciata, appena al di sotto del suolo. I dati raccolti potranno essere usati per trovare nuovi indizi sulla vita e per identificare i migliori punti di atterraggio per le missioni future.

ExoMars TGO & EDM in vibration test.

Il lander Schiaparelli è stato chiamato così in onore del piemontese Giovanni Schiaparelli, uno dei più grandi studiosi di Marte nell’Ottocento. Durante la sua discesa sulla superficie marziana, dovebbe avere raccolto dati molto importanti per organizzare la missione del 2020, con la quale arriverà sul pianeta un rover molto più elaborato e in grado di muoversi autonomamente. Terminato il suo turbolento atterraggio, Schiaparelli dovrebbe attivare gli strumenti per compiere altre misurazioni e svolgere la funzione di una sorta di stazione meteo, rilevando velocità e direzione dei venti, umidità, pressione, temperatura al suolo e altre caratteristiche dell’atmosfera. Un altro suo strumento è stato realizzato per misurare i campi elettrici sulla superficie, utili per comprendere meglio come si formano le gigantesche tempeste di vento e polvere su Marte. Schiaparelli ha una massa di 300 chilogrammi e ha grossomodo la forma di un tronco di cono, con un diametro di base di 1,65 metri e un’altezza di 1,8 metri. La sua parte inferiore è protetta da uno scudo termico con un diametro di 2,4 metri, che si staccherà poco prima del contatto con il suolo.

L’atterraggio di Schiaparelli
Insieme con l’inserimento in orbita di TGO, l’atterraggio di Schiaparelli su Marte era considerato un momento cruciale per ExoMars. Atterrare sulla superficie marziana non è semplice: benché ci siano stati numerosi tentativi a partire dagli anni Sessanta, solo 7 missioni sono riuscite nel loro intento; la più recente risale al 2012 con l’arrivo sul pianeta di Curiosity nell’ambito della missione Mars Science Laboratory della NASA. Schiaparelli ha il compito di dimostrare che l’ESA e i suoi partner sono in grado di fare atterrare in sicurezza qualcosa su Marte e di mantenerlo operativo per eseguire esperimenti e trasmettere dati. Il punto dell’atterraggio è un’area pianeggiante nei pressi dell’equatore del pianeta che si chiama Meridiani Planum, vicino al punto in cui atterrò Opportunity della NASA nel 2004.

exomars-schiaparelli

Al momento dell’avvio della manovra di atterraggio, Schiaparelli si trovava a 175 milioni di chilometri dalla Terra: un segnale radio emesso da quella posizione impiega 9 minuti e 45 secondi per raggiungere il nostro pianeta, mentre il lander ha impiegato 6 minuti per completare l’atterraggio. Questo significa che Schiaparelli ha fatto tutto da solo senza interventi diretti sui suoi sistemi e correzioni di rotta dalla Terra.

Posto che tutto sia andato secondo i piani dell’ESA, Schiaparelli è entrato nell’atmosfera a un’altitudine di 121 chilometri e a una velocità di quasi 21mila chilometri orari. Nei quattro minuti successivi, la sua corsa è stata rallentata dalla resistenza atmosferica che ha messo a dura prova lo scudo termico di Schiaparelli, che si è bruciato e consumato progressivamente, mantenendo integri e più al fresco gli altri sistemi a bordo del lander. A 11 chilometri dalla superficie, la velocità di Schiaparelli era ormai di 1.700 chilometri orari ed è stata ulteriormente diminuita in seguito all’apertura di un grande paracadute per stabilizzare il lander, riducendo le oscillazioni dovute al passaggio nell’atmosfera. Dopo 40 secondi, alcune cariche hanno fatto separare lo scudo termico dal resto di Schiaparelli, esponendo un sistema di rilevazione per misurare con più accuratezza la quota a cui si trovava il lander e la sua velocità.

Raggiunti i 250 chilometri orari e un’altezza di 1.200 metri, il paracadute è stato espulso con il resto del guscio, che ha protetto Schiaparelli nei 7 mesi di viaggio verso Marte. Pochi istanti dopo, sulla base del lander si sono attivati nove retrorazzi per rallentare ulteriormente la discesa: si sono spenti a un paio di metri dal suolo, consentendo infine a Schiaparelli di toccare la superficie e finire la sua corsa. L’impatto è avvenuto a una velocità di pochi metri al secondo ed è stato attutito da una parte costruita per accartocciarsi sul fondo del lander e assorbire il colpo. Tutto questo è avvenuto in meno di 6 minuti con una procedura totalmente automatica, progettata anni fa dall’ESA e dai suoi partner, che ora sono in attesa di captare un segnale dalla superficie.

Italia su Marte
L’ESA ha affidato a Thales Alenia Space Italia e ai suoi partner la guida nella preparazione di entrambe le missioni ExoMars. L’industria spaziale italiana ha quindi la responsabilità complessiva dei sistemi di bordo e ha sviluppato il modulo di discesa Schiaparelli e parte degli strumenti che porta con sé. Thales Alenia sta anche coordinando le attività di sviluppo dei sistemi di bordo per il rover la cui partenza è prevista per il 2020. L’azienda è una joint venture tra la multinazionale francese Thales e Finmeccanica, che ne detiene il 33 per cento: ha circa 2.300 addetti in Italia con uno dei suoi centri principali di ricerca e produzione a Torino. La società è da tempo tra i principali partner commerciali di NASA ed ESA per quanto riguarda lo sviluppo di sistemi spaziali e ha contributo alla realizzazione della metà circa dei moduli pressurizzati della Stazione Spaziale Internazionale. Il centro di controllo del rover del 2020 sarà nella sede torinese di ALTEC, società pubblico-privata partecipata da Thales Alenia Space e dall’Agenzia Spaziale Italiana.

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Missioni su Marte
Quarto pianeta del Sistema solare in ordine di distanza dal Sole, Marte è l’ultimo dei pianeti di tipo terrestre dopo Mercurio, Venere e la Terra. La sua atmosfera è molto rarefatta e le temperature sulla sua superficie oscillano tra i -140 e i 20 °C a seconda delle stagioni e delle latitudini. È considerato il pianeta più simile al nostro tra quelli conosciuti e da decenni è al centro di ricerche di vario tipo da parte delle agenzie spaziali di tutto il mondo. La prima missione verso Marte fu condotta con successo dalla NASA nel 1965 con l’invio della sonda Mariner 4, sei anni dopo l’Unione Sovietica con la missione Mars 2 portò per la prima volta un oggetto costruito dall’uomo sul suolo marziano, ma il lander si sfracellò durante l’atterraggio diventando inutilizzabile. Attualmente su Marte sono attivi i rover Opportunity e Curiosity della NASA.

Marte è comunque una vecchia conoscenza per l’ESA: da più di 12 anni l’agenzia ha intorno al pianeta la sonda Mars Express, che iniziò il suo viaggio verso Marte il 2 giugno 2003 insieme al lander Beagle-2, che era stato progettato per atterrare sulla superficie di Marte il 25 dicembre dello stesso anno. Poco prima di toccare il suolo marziano smise totalmente di comunicare con la Terra. Per anni i tecnici dell’agenzia spaziale britannica e dell’ESA si sono chiesti cosa fosse successo quel giorno e se Beagle-2 fosse effettivamente riuscito ad atterrare senza disintegrarsi. Solo nel 2015 grazie a una serie di fotografie ad alta risoluzione scattate dalla sonda Mars Reconnaissance Orbiter (MRO) della NASA è stato possibile localizzare Beagle-2 sul suolo marziano e avere la conferma che atterrò regolarmente sul Pianeta, anche se non si fece mai sentire a causa di altri problemi tecnici. L’atterraggio di oggi sarebbe dovuto servire, tra le altre cose, a evitare una brutta sorpresa nel 2020 come quella di 12 anni fa.