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  • Venerdì 10 giugno 2016

Le proteste degli studenti in Cile

Chiedono più fondi e riforme a favore della scuola pubblica, ma ci sono stati scontri ed è stata distrutta una statua di Gesù

(EPA/MARIO RUIZ)
(EPA/MARIO RUIZ)

Giovedì 9 giugno ci sono state proteste e scontri tra studenti e polizia nel centro di Santiago, capitale del Cile. La Confederación de Estudiantes de Chile (Confech), una grande associazione studentesca cilena, ha organizzato una nuova manifestazione dopo quella di fine maggio per chiedere al governo di accelerare la riforma dell’istruzione promessa durante la campagna elettorale dalla presidente Michelle Bachelet. Gli studenti avevano cartelli e bandiere: dopo un inizio pacifico, però, alcuni manifestanti con il volto coperto hanno attaccato una stazione della metropolitana e una chiesa distruggendo una statua di Gesù. La polizia in tenuta antisommossa è intervenuta e ha cercato di disperdere la folla con un cannone ad acqua e gas lacrimogeni.

Il sistema scolastico cileno era stato in larga parte privatizzato sotto la dittatura di Augusto Pinochet, il generale dell’esercito al potere dal 1974 al 1990, e ancora oggi rispecchia le profonde disuguaglianze sociali del paese: solo i figli delle famiglie benestanti possono frequentare le scuole migliori, che sono private, mentre i figli di quelle più povere devono accontentarsi delle scuole pubbliche, spesso malandate a causa dei pochi finanziamenti. Il sistema fiscale del Cile favorisce inoltre le università private mentre non prevede alcun fondo specifico per l’istruzione tra quelli destinati ai comuni, che si devono occupare dell’educazione pubblica. Fra il 2011 e il 2013 c’erano state molte proteste studentesche in favore di una riforma del sistema scolastico che favorisse la scuola pubblica: avevano portato alla sostituzione dell’allora ministro dell’Istruzione Joaquín Lavín e avevano contribuito al calo di consensi dell’allora governo di centrodestra guidato da Sebastián Piñera.

Nel 2013 le elezioni presidenziali erano state vinte dalla candidata socialista Michelle Bachelet che durante la campagna elettorale aveva presentato un programma molto ambizioso che oltre a nuove politiche sull’aborto comprendeva una riforma tributaria per destinare più risorse al sistema dell’istruzione. La proposta prevedeva un sistema educativo più inclusivo che riducesse la segregazione tra le diverse classi sociali, e definiva l’istruzione un “diritto sociale” che doveva essere necessariamente gratuito. Nel giugno del 2014, pochi mesi dopo l’elezione di Bachelet, erano però iniziate nuove proteste: gli studenti contestavano l’atteggiamento del governo che, al di là delle promesse, si stava dimostrando troppo timido, disorganizzato nell’affrontare la questione e poco propenso ad avere un confronto sul tema.

L’anno scorso il Congresso del Cile aveva approvato la prima delle riforme volute da Bachelet: prevedeva tra le altre cose che gli istituti che ricevevano aiuti economici statali non potessero avere dei profitti né selezionare gli alunni (la selezione attraverso prove d’ingresso restava consentita solo per le scuole private). Tuttavia, mentre Bachelet è ormai a metà del suo mandato, gli studenti sostengono che le riforme non sono abbastanza ambiziose e che procedono a rilento (a causa di un’economia stagnante, secondo il governo): chiedono maggiori finanziamenti agli studenti che spesso devono far ricorso a dei prestiti, l’accesso gratuito all’università e che le scuole pubbliche, ora gestite e finanziate a livello municipale, passino sotto il controllo del governo nazionale.