• Moda
  • Venerdì 19 febbraio 2016

Perché i vestiti di “The Danish Girl” sono importanti

Raccontano la storia di liberazione personale di una delle prime persone a cambiare sesso: e infatti il film è candidato all'Oscar per i Migliori costumi

È uscito al cinema The Danish Girl, un film diretto da Tom Hooper che racconta la storia della pittrice danese Lili Elbe, una delle prime persone al mondo a sottoporsi a un intervento chirurgico per cambiare sesso, da uomo a donna. Lili Elbe, il cui primo nome era Einar Wegener, è interpretata da Eddie Redmayne (che l’anno scorso ha vinto l’Oscar come miglior attore per il ruolo di Stephen Hawking in La teoria del tutto) e nel cast c’è anche Alicia Vikander nella parte di Gerda, a sua volta pittrice e moglie di Einar Wegener. Il film è tratto dall’omonimo libro pubblicato nel 2000 dallo scrittore americano David Ebershoff, ed è candidato ai premi Oscar per il Miglior attore protagonista, la Miglior attrice non protagonista, la Miglior scenografia e i Migliori costumi.

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I costumi sono stati realizzati dallo stilista spagnolo Paco Delgado, già candidato al Premio Oscar per quelli di Les Misérables; ha anche vinto due premi Goya, i più importanti premi cinematografici spagnoli, e curato gli abiti per Biutiful di Alejandro González Iñárritu con Javier Bardem, e Blancanieves di Pablo Berger. I vestiti hanno un ruolo centrale in The Danish Girl, non solo perché trattandosi di un film in costume – la storia si svolge a Copenaghen e Parigi dal 1926 al 1931 – hanno richiesto molta cura e ricerche, ma anche per il valore simbolico che assumono nel raccontare la storia e la personalità di Lili Elbe. Riflettono da un lato la rivoluzione della moda dell’epoca – corpetti e crinoline rimpiazzati da abiti più comodi che scoprivano parti prima nascoste del corpo femminile – dall’altro il percorso di liberazione personale di Elbe.

rossetto

Come ha raccontato Delgago a Harper’s Bazaar, la cosa più importante è stata rendere l’idea che il corpo fosse per Elbe una prigione. I primi vestiti con cui compare nel film – ancora vestita da uomo – rispecchiano l’ambiente austero e conservatore dell’epoca: linee molto rigide, colletti alti e serrati, tessuti pesanti, grigi, neri e blu molto scuri. Delgado ha spiegato al sito di moda Fashionista che il film si apre con abiti «opprimenti. Volevamo mostrare una progressione nella vita di Lili e di come veniva liberata dalle restrizioni del corpo in cui viveva». Quando la coppia si trasferisce a Parigi, Elbe può indossare gli abiti da donna che desidera, esprimendo la sua personalità: i colori degli abiti diventano caldi, brillanti e luminosi, mentre i tessuti si fanno leggeri, come seta e chiffon, per permettere la libertà di movimento.

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Il trucco è un altro aspetto centrale del film: sia quello usato per nascondere i tratti maschili di Redmayne (che doveva essere quindi il più invisibile possibile) sia quello utilizzato dal personaggio di Lili Elbe per accentuare la sua femminilità. A occuparsene è stata Jan Sewell, che lo aveva fatto anche per Les Misérable e per La teoria del tutto. Ha spiegato che quando Einar si vestiva ancora da uomo ha accentuato la mascella di Redmayne, mentre poi ha dovuto lavorare a lungo per rendere la sua carnagione più delicata. La maggiore difficoltà è stata la telecamera ad alta definizione utilizzata per girare il film: «Sapevo che Tom avrebbe ripreso da vicino alcune delle scene più emotive, e non volevo che si vedesse che Eddie indossava il trucco». Racconta anche che quando nel film Lili inizia a truccarsi, lo fa in modo pesante. Lo stesso Redmayne le aveva spiegato che «spesso quando una persona inizia la transizione tende ad assumere un aspetto ultra-femminile. Per questo abbiamo scelto una parrucca rame acceso e un rossetto molto forte».

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Delgado e Sewell hanno fatto molte ricerche e prima di iniziare le riprese sono andati con il regista a Copenaghen, per farsi un’idea del clima e dell’architettura della città, studiare le foto e i ritratti di Einar e Gerda Wegener in biblioteca, e cercare vestiti e accessori dell’epoca. Utilizzare abiti vintage è stato praticamente impossibile: Redmayne e Vikander sono troppo alti per indossare gli abiti delle donne dell’epoca, che erano molto piccole e minute. Inoltre gli abiti e i tessuti degli anni Venti sono molto rovinati dal passare del tempo e anche perché venivano spesso tagliati e impiegati per confezionare nuovi vestiti. Hanno quindi comprato abiti e tessuti dell’epoca, li hanno smembrati e ricomposti nei costumi del film: di fatto il 90-95 per cento dei costumi di Redmayne e Vikander sono stati creati da Delgado. Lo stilista ha detto di essersi ispirati agli abiti che indossavano i Wegener nelle foto e nei ritratti ma di averne riproposto fedelmente soltanto uno, quello indossato da Einar nella scena in cui posa per la moglie nei panni della ballerina Ulla.

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Per inventare i costumi Delgado ha studiato i più importanti stilisti dell’epoca, associando lo stile di ognuno al carattere di un personaggio. I vestiti della ballerina Ulla, interpretata da Amber Heard, sono ispirati a quelli di Paul Poiret, probabilmente il più celebre stilista di inizio secolo, e sono caratterizzati da colori vivaci e alla moda; Lili indossa molti robe de style alla Lanvin: abiti molto teatrali e spettacolari, stretti in vita e con ampie gonne. La moglie Gerda invece è più vicina agli abiti pratici e senza corsetto di Coco Chanel: «la donna di Chanel era completamente libera, più sportiva», spiega Delgado. Nelle scene finali anche Lili Elbe assume uno stile più vicino a Chanel, a indicare una maggiore fiducia in se stessa: «via via che si sente a più agio col suo corpo si libera di tutte le cose artificiali. Succede anche oggi: quando ti senti donna non hai bisogno di mostrare che lo sei. Questa era l’idea centrale». Tra i capi che riassumono meglio il simbolismo dei costumi ci sono le numerose sciarpe indossate da Elbe per mascherare il pomo d’Adamo; in una delle scene finali la sciarpa vola via scoprendole il collo, una metafora della libertà di essere se stessa.

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Delgado ha anche detto che da un punto di vista dei costumi la sua scena preferita del film è quando Wegener indossa il suo ultimo completo da uomo: è un momento di passaggio tra i due mondi e, anche se è un capo maschile, lo porta già come una donna, scegliendo pantaloni larghi, tessuti fluidi e tinte vivaci. «L’abito girdava che questa persona non si adattava alle aspettative della società su di lei, alcuni ne erano molto offese. […] L’abito è una ribellione, un grido contro il conformismo della società: penso che sia un aspetto molto potente dei vestiti che in qualche modo abbiamo dimenticato. Ricordiamo che quando le donne iniziarono a indossare il New Look di Christian Dior (vestiti dalla vita accentuata che davano alle donne una forma a clessidra e sensuale, inventato da Christian Dior alla fine degli anni Quaranta, n.d.r.] finirono per indignarne altre e venire insultate per le vie di Parigi. Penso che i vestiti sono una cosa importante. Sì, sono frivoli e sono meravigliosi anche per questo, ma allo stesso tempo sono un messaggio politico e sociale molto potenti, e non dovremmo dimenticarlo».

Il trailer del film