• Mondo
  • Martedì 19 gennaio 2016

I migranti siriani al confine con la Giordania

Sono circa 16 mila e vivono in due campi di fortuna nel deserto in attesa di poter varcare il confine, in condizioni sempre peggiori

Rifugiati siriani al confine con la Giordania, Hadalat, 14 gennaio 2016 (AP Photo/Raad Adayleh)
Rifugiati siriani al confine con la Giordania, Hadalat, 14 gennaio 2016 (AP Photo/Raad Adayleh)

GiordaniaMigliaia di rifugiati siriani in fuga dalla guerra civile in corso nel loro paese sono bloccati in una zona di deserto al confine con la Giordania. La Giordania consente il passaggio solo a poche decine di persone ogni giorno e, scrive il Financial Times, solo in casi di emergenza. Si tratta di circa 16 mila persone accampate in due terrapieni di sabbia al confine tra Giordania e Siria, Haladat e Rukban.

I rifugiati hanno cominciato ad ammassarsi dietro questi due muri di sabbia al confine tra la Giordania e la Siria a metà del 2013, quando i principali passaggi di confine erano stati chiusi. Dalla metà del 2014, la maggior parte dei siriani non è riuscita a passare e ha cominciato a costruire tende e rifugi di fortuna. Lo scorso dicembre, quando l’UNHCR aveva stimato che le persone presenti fossero ormai tra le 12 mila e le 16 mila, si era cominciato a parlare di questa situazione anche sui giornali internazionali: le condizioni di salute delle persone lì sono sempre più precarie, ci sono casi di diarrea, vomito e malnutrizione acuta soprattutto tra i bambini. Gli operatori umanitari parlano anche di decine di morti fra le fasce più vulnerabili, come gli anziani, ma il governo giordano dice di non essere a conoscenza di casi del genere.

Dall’inizio della guerra in Siria la Giordania ha accolto circa 1,4 milioni di siriani in fuga (di questi, solo 630 mila circa sono stati registrati) e la settimana scorsa, per la prima volta, ha parlato dell’area intorno a Haladat e Rukban come «di fatto, un campo profughi». Ha anche parlato di una serie di problemi legati alla sicurezza dei profughi e della miseria in cui vivono e, soprattutto, ha denunciato nel corso del 2015 una riduzione significativa dei finanziamenti in loro favore, come quelli del Programma Alimentare Mondiale delle Nazioni Unite.

Nel 2014 il crescente afflusso di richiedenti asilo nei paesi limitrofi alla Siria, Giordania compresa, e il peggioramento delle condizioni di vita dei rifugiati stessi hanno spinto la comunità internazionale a elaborare una strategia specifica per quelle zone e coordinare le attività umanitarie di risposta alla crisi. Nel 2015 però il piano umanitario per i rifugiati siriani ha ricevuto circa un terzo dei fondi richiesti. Una delle conseguenze è il peggioramento notevole delle condizioni di vita delle comunità accoglienti (ad Amman, la capitale della Giordania, ci sono stati per esempio problemi di acqua, elettricità, servizi sanitari e scuole) e dei rifugiati: la maggior parte vive al di fuori dei campi profughi, facendo l’elemosina, con gravi problemi di cibo.

L’altra conseguenza è che il Libano ha chiuso i suoi confini o reso praticamente impossibile attraversarli. Per entrare in Libano i siriani devono avere un appuntamento a un’ambasciata, un volo in partenza dall’aeroporto di Beirut o un garante, un cittadino libanese che si assuma la responsabilità della loro permanenza. Ma la stragrande maggioranza dei migranti vive in condizioni di estrema povertà e non può permettersi nessuna di queste tre opzioni. Anche la Turchia ha di fatto reso impossibili gli ingressi legali e questo complica ulteriormente la situazione degli altri paesi vicini.

(Un’immagine satellitare mostra i profughi siriani accampati a Rukban al confine con la Giordania, 5 dicembre 2015, CNES 2015/DISTRIBUTION AIRBUS DS via AP)

Siria Giordania